Esposizione alle radiazioni ottiche emesse da riscaldatori ad infrarosso secondo Linee Guida ICNIRP 2013 (AIDII, 2017)

Ortona (CH), 21 – 23 giugno 2017
34° Congresso Nazionale di Igiene Industriale e Ambientale

Abstract

Negli ultimi anni i riscaldatori ad infrarossi sono apparsi in sostituzione dei tradizionali riscaldatori a fiamma, con applicazioni nel riscaldamento di ambienti indoor cli grandi dimensioni e di ambienti outdoor come, ad esempio, aree esterne di pubblici esercizi.
Tuttavia la presenza di sorgenti importanti di infrarossi pone un problema di sicurezza fotobiologica rilevante per gli occhi dei soggetti esposti, anche in considerazione del fatto che l’esposizione riguarda generalmente soggetti inconsapevoli del rischio e/o individui della popolazione generale di cui possono fare parte minori e soggetti in condizioni di particolare suscettibilità all’esposizione a questo tipo di radiazione.
A differenza di quanto ci si aspetterebbe, nei manuali d’uso di tali apparecchiature spesso non si trovano informazioni da parte del produttore sul corretto utilizzo del dispositivo e sui rischi ad esso associati.
Il presente lavoro si pone l’obiettivo di valutare il rischio oculare da esposizione a ROA derivante dall’impiego di alcuni riscaldatori a infrarossi nelle effettive condizioni di utilizzo e valutare le possibili differenze tra i risultati ottenuti utilizzando le Linee guida ICNIRP 2013 rispetto ai risultati ottenuti applicando i criteri del D.lgvo 81/08 Titolo VIII Capo V.

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VALUTAZIONE DEI RISCALDATORI AD INFRAROSSO ALLA LUCE DELLE LINEE GUIDA ICNIRP 2013

Gianluca Gambino1, Gabriele Quadrio1, Alessandro Merlino1,  Andrea Bogi2, Francesco Picciolo3, Nicola Stacchini2, Iole Pinto2

1 Ce.S.N.I.R. s.r.l,.via Confalonieri, 46 Villasanta (MB)

2 Laboratorio di Sanità Pubblica, Usl Toscana SudEst

3 Dipartimento di Fisica – Università degli studi di Siena

Indice

INTRODUZIONE

Negli ultimi anni i riscaldatori ad infrarossi sono apparsi in sostituzione dei tradizionali riscaldatori a fiamma, con applicazioni nel riscaldamento di ambienti indoor di grandi dimensioni e di ambienti outdoor come, ad esempio, aree esterne di pubblici esercizi. Il motivo principale di questo cambiamento è rappresentato dall’efficacia di tali dispositivi nella modalità di trasferire il calore ai soggetti da riscaldare; il riscaldamento avviene infatti per irraggiamento e concerne direttamente i mezzi materiali e quindi gli occupanti dell’area interessata; viceversa i sistemi tradizionali trasmettono il calore per convezione, attraverso il riscaldamento dell’aria contenuta in tutto il volume di interesse.

Pertanto, quando il volume del locale da riscaldare è molto grande o l’area si trova all’esterno, l’impiego della tecnologia ad infrarossi richiede un fabbisogno di energia minore a parità di sensazione di caldo percepita dagli occupanti. D’altra parte la presenza di sorgenti importanti di infrarossi pone un problema di sicurezza fotobiologica rilevante per gli occhi dei soggetti esposti, anche in considerazione del fatto che l’esposizione riguarda generalmente soggetti inconsapevoli del rischio e/o individui della popolazione generale di cui possono fare parte minori e soggetti in condizioni di particolare suscettibilità all’esposizione a questo tipo di radiazione.

A differenza di quanto ci si aspetterebbe, nei manuali d’uso di tali apparecchiature spesso non si trovano informazioni da parte del produttore sul corretto utilizzo del dispositivo e sui rischi ad esso associati.

Il presente lavoro si pone l’obiettivo di valutare il rischio oculare da esposizione a ROA derivante dall’impiego di alcuni riscaldatori a infrarossi nelle effettive condizioni di utilizzo e valutare le possibili differenze tra i risultati ottenuti utilizzando le Linee guida ICNIRP 2013 [1] rispetto ai risultati ottenuti applicando i criteri del D.lgvo 81/08 Titolo VIII Capo V [2].

CARATTERIZZAZIONE DELLE SORGENTI

I riscaldatori a infrarossi sono costituiti da due elementi fondamentali: un bulbo che emette la radiazione principalmente nella banda IR ed una superficie riflettente utilizzata per orientare la radiazione emessa dal bulbo nella direzione scelta. I riscaldatori sono sorgenti che emettono radiazioni ottiche in accordo con la legge di emissione spettrale di Planck per un corpo nero. Questo tipo di emissione è a banda larga e dipende dalla temperatura del corpo, costituito nel presente caso dal bulbo, e dalla sua emissività. Nella discussione che segue, si considera l’emissività delle sorgenti pari a 1, come quella di un corpo nero perfetto, al fine di eseguire una stima conservativa dell’esposizione. Secondo la legge di Wien, è possibile mettere in relazione la lunghezza d’onda alla quale si ha il massimo di emissione λmax con la temperatura della sorgente, quindi la conoscenza di una di queste grandezze permette di definire l’andamento teorico dell’emissione spettrale; di conseguenza, è possibile definire il rapporto tra la potenza emessa nella banda IR-C e quella totale, che nel caso presente coinvolge le bande del visibile, IR-A e IR-B (l’emissione nell’ultravioletto è nulla, viste le temperature in gioco).

I bulbi qui analizzati sono classificabili in 3 tipologie espresse di seguito utilizzando, in parte, la denominazione del produttore:

  • bulbo a “onde molto corte”;
  • bulbo a “onde corte”;
  • bulbo a “onde medie veloci”.

I dati forniti dal produttore indicano che queste 3 tipologie si differenziano per la lunghezza d’onda di massima emissione: per i bulbi “a onde molto corte” questa grandezza è circa λmax = 1200 nm, mentre nei modelli che montano bulbi “a onde corte” la lunghezza d’onda di picco è pari a 2300 nm. Con riferimento ai bulbi “a onde medie veloci” la lunghezza d’onda di picco è compresa tra 2620 e 2780 nm e si ritiene quindi accettabile prendere come riferimento λmax = 2700 nm. In Figura 1 sono mostrati gli spettri teorici di corpo nero relativi alle 3 tipologie di riscaldatori, ognuno dei quali è stato normalizzato con la rispettiva radianza integrata su tutto lo spettro, ovvero rispetto all’area sottesa da ciascuna curva. Dal grafico si può apprezzare lo spostamento dello spettro di emissione nella regione dell’infrarosso C all’aumentare della lunghezza d’onda di picco λmax.

Figura 1 Radianze spettrali normalizzate delle 3 tipologie di riscaldatori analizzati nel presente lavoro. La banda arancione corrisponde alla regione 100nm – 3000nm alla quale si riferiscono i limiti dell’attuale normativa italiana sulle radiazioni ottiche.

Le lampade sono caratterizzate da assorbimenti di potenza elettrica diversi, compresi tra 1.5 e 2.25 kW. In Tabella Tabella I si forniscono i dati identificativi delle sorgenti analizzate:

Tabella I Elenco delle sorgenti ad infrarosso valutate nel presente lavoro

QUADRO TECNICO-NORMATIVO E METODOLOGIA DELLA VALUTAZIONE

Ai fini della valutazione del rischio da esposizione a radiazioni ottiche, prescritta dal Decreto Legislativo 81/2008 al Capo V del Titolo VIII [2], di fatto le grandezze di interesse protezionistico in questo caso risultano essere:

  • EIR (irradianza totale per lesione termica): irradianza calcolata limitatamente all’intervallo delle lunghezze d’onda dell’infrarosso (780 – 3000 nm);
  • Hskin (esposizione radiante della cute): esposizione radiante calcolata limitatamente all’intervallo delle lunghezze d’onda del visibile e dell’infrarosso (380 – 3000 nm).

I rispettivi Valori Limite di Esposizione, definiti nell’allegato XXXVII – Parte I dello stesso decreto, sono riportati in Tabella II.

Tabella II Valori limite di esposizione (allegato XXXVII, tabella 1.1)

Nella valutazione del rischio effettivo per i soggetti esposti alla radiazione emessa da questo tipo di riscaldatori, il limite applicabile risulta essere il più restrittivo, ovvero quello definito alla lettera n. della Tabella II e pari a 100 W/m2. Il rispetto di tale limite assicura l’assenza di danni all’occhio anche per esposizioni di lunga durata (oltre i 1000 secondi) e si ritiene che lo stazionamento nel raggio d’azione delle sorgenti sotto esame possa essere classificato in questa categoria espositiva. In relazione all’applicazione di tali valori limite emergono due aspetti critici: i limiti di legge non tengono conto della parte di radiazione ottica nella banda IRC, cioè con lunghezza d’onda compresa fra 3000nm e 1mm, che comunque contribuisce al riscaldamento della parte anteriore dell’occhio; d’altra parte, la sensazione di riscaldamento data da un’irradianza nell’infrarosso B di livello pari al limite di legge (100 W/m2) non è sufficiente per il raggiungimento del comfort termico negli ambienti dove queste apparecchiature sono normalmente utilizzate.

Per individuare una soluzione tecnica ai problemi esposti sopra, si fa riferimento ai documenti ICNIRP riguardanti l’esposizione a radiazioni ottiche artificiali non coerenti. Come spiegato nel documento ICNIRP 2006 [3], che viene ripreso in quello pubblicato nel 2013 [1], la scelta di non considerare il contributo della radiazione ottica nella banda IR-C, era dovuta principalmente a due motivi:

  • per quasi tutte le sorgenti ad arco elettrico e ad incandescenza allora conosciute, il contributo dato dalla radiazione IR-C era normalmente di poco o nessun interesse pratico;
  • le sorgenti che emettevano principalmente nella regione oltre i 3000 nm emettevano una potenza tale da non costituire rischio per la salute all’infuori dello stress termico.

A queste motivazioni si aggiunge una questione di ordine pratico, infatti gli strumenti normalmente utilizzati ancora oggi per le valutazioni del rischio da radiazioni ottiche non sono idonei a misurare le radiazioni di lunghezza d’onda superiore a 3000 nm.

Ciononostante lo stesso documento ICNIRP mette in luce come alcune esposizioni rimangano potenzialmente pericolose, citando ad esempio sorgenti quali metalli fusi e lampade IR per sorveglianza o riscaldamento.

La soluzione al problema si può cercare negli stessi documenti ICNIRP dove si fanno alcune considerazioni relative alle sorgenti che emettono principalmente nella banda IR-C e del rischio connesso con l’osservazione di queste:

  1. al fine di valutare l’esposizione si può estendere il campo di applicazione del limite per tempi lunghi (indice n, 100 W/m2), confrontando con esso il valore di irradianza integrata su tutto lo spettro infrarosso (780 nm – 1 mm). Tale valutazione risulta molto conservativa, soprattutto in ambienti freddi;
  2. con riferimento alle sorgenti ROA ordinarie, è possibile ignorare il contributo dell’IR-C, in quanto i valori limite tengono conto anche di tale contributo;
  3. un’irradianza incidente sulla cornea pari a 1 kW/m2 non aumenta la temperatura dei tessuti di più di un grado centigrado [4];
  4. in ambienti freddi i limiti per gli effetti termici possono essere rilassati fino a valori di 400 W/m2 alla temperatura di 0°C, 300 W/m2 a 10 °C;
  5. un’applicazione generale del valore limite di esposizione di 100 W/m2 potrebbe avere un impatto penalizzante su molte applicazione dei raggi IR-C nell’industria e in ambienti freddi. Un limite superiore per cui un’esposizione continua produrrebbe stress termico (che limiterebbe automaticamente l’esposizione) anche in ambienti freddi è 1 kW/m2.

L’opzione espressa in 1) risulta inopportuna quando la radiazione infrarossa è utilizzata per scaldare, infatti, come già detto, un valore di irradianza pari al limite di legge risulta del tutto inefficace a questo scopo. Considerando come temperatura ambientale di riferimento 10 °C, che rispecchia le condizioni di utilizzo tipiche di queste apparecchiature, dalla condizione 4) si può porre come VLE, sempre per l’irradianza totale, 300 W/m2. Infine, dalla condizione 5) si deduce che in ogni caso il livello di esposizione deve essere inferiore al limite di irradianza totale
(180 nm ÷ 1 mm) di 1 kW/m2.

I tre criteri di indagine estrapolati dalle Linee Guida ICNIRP sono quindi i seguenti:

  1. comparazione dell’irradianza totale per lesione termica EIR, misurata nell’intervallo
    780 nm ÷ 3000 nm, col valore limite di esposizione indicato nel D.Lgs. 81/08 pari a 100 W/m2;
  2. confronto del livello di esposizione col limite di 300 W/m2, ipotizzando una temperatura di utilizzo non superiore a 10°C;
  3. rapporto col limite meno cautelativo di 1 kW/m2 nelle condizioni di utilizzo definite nel criterio 2.

INDAGINE SUL CAMPO E VALUTAZIONE DEL RISCHIO

Definiti i criteri su cui costruire la valutazione del rischio, si riporta l’esito delle misurazioni eseguite con il radiometro a banda larga DeltaOhm, Modello: HD2402, con una banda passante da 220 nm a 2800 nm. Le misurazioni sono state effettuate per ogni sorgente descritta sopra, col fine di individuare la distanza di sicurezza definita secondo il criterio 1, ovvero la distanza alla quale, in direzione normale rispetto alla superficie apparente della sorgente, il valore misurato di irradianza EIR è pari al limite di 100 W/m2 (indice n dell’attuale normativa). I risultati sono mostrati nella seconda colonna della Tabella IIITabella . Per valutare il livello di esposizione degli utilizzatori, è stata ipotizzata una distanza di stazionamento dalla sorgente pari a circa 2,5 metri. Quindi l’irradianza misurata alla distanza di sicurezza è stata successivamente valutata alla distanza di 2,5 metri, considerando la superficie apparente del riflettore come una sorgente di emissione lambertiana (terza colonna della tabella). Infine per tale valore di irradianza è stato calcolato il corrispondente tempo di esposizione come dato dalla formula della riga m in Tabella II.

Tabella III Risultati delle misurazioni: in seconda colonna la distanza di rispetto dei limiti; segue l’irradianza valutata a 2,5m ed il rispettivo tempo di esposizione massimo

Dall’analisi degli esiti è possibile apprezzare una grande variabilità nell’irradianza valutata alla distanza di utilizzo di 2,5 metri; in particolare, a tale distanza le sorgenti S3 ed S4 non rispettano il valore limite di esposizione definito dalla normativa vigente. Infine, le distanze di sicurezza misurate per queste sorgenti risultano particolarmente penalizzanti da un punto di vista pratico.

Qualunque sia il criterio scelto, rimane il problema pratico di come si valuta la radiazione totale con uno strumento che ne misura solo la parte con lunghezza d’onda inferiore a 3000 nm. Si noti che il rapporto fra la radiazione totale ed il risultato della misura con un simile strumento dipende dalla percentuale di IRC presente nella radiazione, quindi dalla temperatura di colore.

Tabella IV Caratteristiche principali dello spettro di emissione delle 3 tipologie di riscaldatori ad infrarossi analizzate

In Tabella IV sono riportate le caratteristiche spettrali per le 3 tipologie di sorgenti analizzate: temperatura di colore, lunghezza d’onda corrispondente al massimo di emissione e la ripartizione energetica nelle bande di infrarosso con lunghezza d’onda inferiore a 3000nm (IRA+IRB) e con lunghezza d’onda fra 3000 nm ed 1 mm (IRC). In questo calcolo è stato ipotizzato che tutta la radiazione emessa cadesse nella banda degli infrarossi, trascurando la radiazione emessa nella banda visibile. Come mostrato in maniera qualitativa in Figura 1, maggiore è la temperatura di colore, più alta è la percentuale di IRA ed IRB rispetto a quella di IRC, ovvero la regione di maggiore emissione si sposta verso il visibile.

Se si adotta il criterio di valutazione n. 3, quindi si considera come limite massimo di irradianza su tutto lo spettro infrarosso il valore di 1 kW/m2, si può affermare che le emissioni di un riscaldatore di tipo 1 (onde molto corte) risulterebbero conformi se misurandole nell’intervallo 100 nm-3000 nm restituissero un’irradianza inferiore a 700 W/m2; mentre le emissioni del tipo 2 dovrebbero essere inferiori a 440 W/m2 e quelle del tipo 3 dovrebbero risultare inferiori a 320 W/m2. D’altra parte, adottando il limite di 300 W/m2 su tutta la banda infrarossa (criterio n. 2), risulterebbero conformi le emissioni dei riscaldatori di tipo 1 inferiori a 230 W/m2, quelle dei riscaldatori di tipo 2 se inferiori a 146 W/m2 e quelle di tipo 3 se inferiori a 106 W/m2. Nelle prime 3 colonne della Tabella VTabella  si riporta un riepilogo della discussione svolta.

Tabella V Per ogni riscaldatore è indicato il livello di irradianza fra 180 nm e 3000 nm (in W/m2) tale da rispettare il criterio di irradianza totale pari a 1 kW/m2 ed a 300 W/m2 . Nell’ultima colonna sono calcolate le distanze di rispetto del secondo criterio.

Nell’ultima colonna della Tabella V sono indicate le distanze calcolate alle quali i riscaldatori rispettano il secondo criterio e queste possono essere, a nostro avviso, le distanze consigliate di utilizzo. A tali distanze, infatti, l’utilizzatore dovrebbe provare una sensazione di riscaldamento non eccessiva pur mantenendo ad un livello accettabile il rischio da esposizione degli occhi alla radiazione infrarossa. Non si forniscono le distanze di sicurezza relative al criterio n. 3 in quanto la conformità dell’esposizione al rispettivo valore limite, nella regione in cui il valore di irradianza è comparabile con esso, non soddisferebbe i criteri di comfort termico, obiettivo ultimo dell’utilizzo delle sorgenti sotto esame. Un aspetto da non trascurare è proprio quello del comfort termico. Infatti il principio del riscaldamento radiativo implica che solo la superficie del corpo rivolta alla sorgente venga scaldata, questo crea necessariamente un gradiente termico fra le superfici esposte e non esposte del corpo che va contro i principi del comfort. Per limitare questo effetto si dovrebbero posizionare i riscaldatori in modo da avere un irraggiamento più uniforme possibile su tutti i lati del corpo.

CONCLUSIONI

Nel presente lavoro è stato valutato il rischio da esposizione a radiazioni ottiche connesso con l’utilizzo di diverse tipologie di riscaldatori ad infrarossi, secondo tre criteri di valutazione dedotti dalle linee guida ICNIRP 2013. Il primo criterio, che richiede la conformità al limite dell’indice “n“ dell’attuale normativa, rende del tutto inefficace questo tipo di apparecchi. Si fa notare inoltre che per i riscaldatori equipaggiati di bulbi “a onde corte”, le distanze di sicurezza misurate renderebbero di difficile utilizzo tali sorgenti. Tuttavia, adottando gli ulteriori due criteri dettati dall’ICNIRP descritti al precedente paragrafo, si è mostrato come, in determinate condizioni ambientali, sia possibile individuare dei livelli di irradianza (criterio 3) e delle distanze di utilizzo che siano al tempo stesso adatte a riscaldare gli utilizzatori e sicure dal punto di vista dell’esposizione degli occhi (criterio 2). E’ importante ricordare che il presupposto di tale valutazione è che la temperatura dell’ambiente di utilizzo sia non superiore a 10°C, condizione necessaria per evitare un eccessivo riscaldamento degli occhi. Naturalmente, in un ambiente controllato dove gli utilizzatori fossero informati ed evitassero consapevolmente di avere i riscaldatori a vista, il rischio per gli occhi sarebbe automaticamente abbattuto. L’utilizzo di queste sorgenti in diversi contesti, tra cui anche i pubblici esercizi, induce però a non considerare esaurita la questione della sicurezza con la semplice indicazione di installazione del riscaldatore in posizioni che riducano l’esposizione degli utilizzatori, bensì fornendo le distanze di sicurezza definite in modo preciso per ogni particolare sorgente. Le considerazioni esposte sopra dovrebbero entrare a far parte dei manuali di utilizzo di tali apparati in modo da fornire le corrette informazioni all’utente.

 

BIBLIOGRAFIA

[1] ICNIRP, Limits of exposure to incoherent visible and infrared radiation, Health Phys,
105(1): 74-96, 2013
[2] lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni (Testo Unico sulla Sicurezza), Attuazione dell’articolo 1 della Legge 3 agosto 2007, n. 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, Gazzetta Ufficiale n. 101 del 30 aprile 2008 – Suppl. Ordinario n. 108
[3] ICNIRP, Statement on far infrared radiation exposure, Health Phys, 91(6): 630-645, 2006
[4] Vos J J, Van Norrent D, Thermal cataract, from furnaces to lasers, Clin Exp Optom,
87(6): 372-376, 2004

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G. Gambino, G. Quadrio, A. Merlino, A. Bogi, F. Picciolo, N. Stacchini, I. Pinto (2017) Valutazione dei riscaldatori ad infrarosso alla luce delle Linee Guida ICNIRP 2013, atti del 34° Congresso Nazionale di Igiene Industriale e Ambientale AIDII (Ortona, 21 – 23 giugno 2017)

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