Sulla definizione di salute e sulle ricadute per l’igiene occupazionale (AIDII 2022)

Cagliari, 22 – 24 giugno 2022
38° Congresso Nazionale di Igiene Industriale e Ambientale

Abstract

La definizione di salute ad oggi adottata da tutti i paesi che aderiscono alla OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) recita: “la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale, psicologico, emotivo e sociale e non semplicemente l’assenza di malattie o infermità”.

Per quanto rivoluzionaria al tempo della sua formulazione (anno 1946) da un paio di decenni si discute alla sua adeguatezza alle esigenze del mondo attuale.

Con questo contributo illustriamo brevemente le ragioni per un possibile ripensamento.

Proponiamo anche una nostra valutazione sulle ricadute sull’igiene occupazionale.

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SULLA DEFINIZIONE DI SALUTE E SULLE RICADUTE PER L’IGIENE OCCUPAZIONALE

Alessandro Merlino, Gianluca Gambino

CeSNIR, Villasanta (MB)

Indice

Introduzione

Secondo la Costituzione dell’OMS “il raggiungimento, da parte di tutte le popolazioni, del più alto livello possibile di salute è uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano senza distinzione di razza, religione, credo politico, condizioni economiche e sociali“. La salute è poi definita come segue: “uno stato di completo benessere fisico, mentale, psicologico, emotivo e sociale e non semplicemente l’assenza di malattie o infermità” [WHO, 2020].

Per quanto rivoluzionaria al tempo della sua enunciazione, perché introduceva l’idea che la salute non potesse identificarsi solo con la mera assenza di malattia, negli ultimi decenni questa definizione è stata oggetto di ripensamento da una larga parte della comunità scientifica e con questo contributo ne illustriamo le ragioni e forniamo una lettura allargata all’igiene occupazionale.

Materiali e metodi

La definizione di salute adottata nel 1946 dall’OMS si è successivamente diffusa nel mondo ed è possibile affermare che abbia avuto un ruolo determinante nello sviluppo dei sistemi sanitari nazionali.

Anche nell’ambito occupazionale si considera che la salute sia di più che la mera assenza di malattia ed è condivisa l’idea che la valutazione dei rischi aziendali debba esaminare oltre gli agenti potenzialmente patogeni, anche quelli che possono creare disagio.

Tuttavia la definizione OMS, attualmente ancora vigente, è oggetto di una viva discussione che si articola principalmente su questi due concetti: lo stato di completo benessere è una condizione che può essere mantenuta per brevi periodi e solo da alcuni soggetti (non dai malati cronici per esempio) e si rivela pertanto un obiettivo utopistico; la formulazione incoraggia la iper-medicalizzazione della società sia per l’assolutezza del termine “completo” sia per l’ampiezza del proprio raggio di azione (fisico, mentale e sociale) [Leonardi, 2018].

Risultati e Discussione

Nonostante questi limiti, ad oggi non è ancora stato trovato un consenso unanime per una definizione alternativa. Una che riscuote un buon consenso definisce la salute come la “capacità di affrontare e gestire le proprie condizioni di malessere e benessere” o, più genericamente, la “capacità di adattarsi ed autogestirsi” [Leonardi, 2018].

La salute non risulterebbe più uno stato stazionario a cui aspirare ma si configurerebbe piuttosto come un processo continuo, potenzialmente realizzabile da ogni individuo. La nuova formulazione si basa sulla resilienza delle persone e sulla capacità mantenere e ripristinare la propria integrità e il proprio equilibrio. Inoltre, il benessere non è più condizione strettamente necessaria per il raggiungimento dello stato di salute che può quindi concretizzarsi anche in presenza di condizioni di malessere, mediate dalla capacità dell’individuo di adattarsi al contesto.

Altro elemento di discussione concerne la relazione tra salute umana e quella del Pianeta: la salute umana non può essere separata da quella della biodiversità planetaria, la salute dell’intero modo animato dipende anche da una sana interazione con il mondo inanimato, come ci sta insegnando lo studio sui cambiamenti climatici (the Lancet, 2009). La questione della salute, oggi, deve pertanto contemplare l’intero ecosistema.

Anche in ambito occupazionale ci sono dei contesti dove è a rischio una deriva utopistica e assolutistica e ne descriviamo brevemente tre:

  • il primo concerne la valutazione del microclima negli ambienti di lavoro produttivi. Da qualche anno è stata sollecitata la discussione in merito agli indici da utilizzare ed è stato sottolineato che gli indici di stress termico sono più appropriati di quelli di comfort termico e che il rispetto di questi ultimi è un obiettivo utopistico e che può essere straordinariamente energivoro [Merlino et al, 2019].
  • Il secondo riguarda la prevenzione della legionellosi, patologia riconducibile all’esposizione ad aerosol di acqua contaminata da legionella che è batterio presente in natura. La prevenzione di questo tipo di rischio è oggi praticata con un incondizionato abbattimento del microrganismo nell’intero impianto idrico con metodi che comportano importanti effetti sull’ambiente e iniziative che in molti casi risultano smisurate rispetto al reale rischio per l’uomo, considerato che è solo con l’esposizione all’aerosol che questo si concretizza.
  • Il terzo esempio riguarda la qualità dell’aria degli ambienti indoor (tema caro ai congressi AIDII per il quale anche gli scriventi hanno portato un contributo nel 2018). In questo caso sentiamo oggi di dover evidenziare che a fronte di situazioni realmente preoccupanti che si possono verificare in contesti di povertà o comunque scarso sviluppo (a cui è rivolta anche l’attenzione della OMS) e a fronte di contesti molto specifici (ad esempio gli istituti scolastici) che riguardano anche Paesi sviluppati come l’Italia, l’attenzione oggi indirizzata ai luoghi di lavoro indoor rischia, anche in questo caso, di diventare smodata e l’azione frenetica. In alcuni casi, come ad esempio negli uffici, si corre il rischio di creare l’attesa di indoor con un livello di qualità dell’aria inarrivabile o comunque settato oltre quello realmente necessario per garantire la salute degli occupanti.

Conclusioni

La miglior tutela della salute delle persone, sia nella vita lavorativa che non, richiede di rivederne la definizione a favore di una che sia meglio sintonizzata con l’attuale contesto sociale, demografico ed ambientale, rispetto a quello in cui è stata formulata quella originale.

L’auspicio è che le linee guida in materia di salute sul lavoro (anche a prescindere dalla sua definizione) possano adottare nel futuro un approccio maggiormente olistico, capace di tenere in considerazione la complessità dei fattori che contribuiscono a garantire la salute del lavoratore, superando l’attuale visione che non considera le sue capacità di fronteggiare le situazioni avverse (coping) e di adattamento.

Un approccio capace altresì di soppesare la proporzionalità delle risorse che il raggiungimento dell’obiettivo richiede, nonché gli effetti sull’ambiente.

Bibliografia

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Alessandro Merlino, Gianluca Gambino – Sulla definizione di Salute e sulle ricadute per l’igiene occupazionale

CeSNIR, Milano (MI)

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Alessandro Merlino (CeSNIR) – Presentazione Sulla definizione di Salute e sulle ricadute per l’igiene occupazionnale

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