Abbigliamento Protettivo CBRN

Valutazione dello stress termico per lavoratori che indossano abbigliamento protettivo

pubblicato il: 5 Aprile 2020

Abstract

Questo articolo concerne le situazioni occupazionali di stress termico , e in particolare sullo stress termico da caldo nei casi in cui i lavoratori debbano indossare un abbigliamento speciale.
Sono esaminati i criteri valutativi che si possono adottare, considerato che non è possibile ricorrere alle due metodiche maggiormente condivise a livello internazionale, ovvero quella basata sull’indice WBGT, Wet Bulbe Globe Temperature (UNI EN ISO 7243:2017) e quella basata sulla sollecitazione termica prevedibile, metodo PHS, Predicted Heat Strain (UNI EN ISO 7933:2005).

L’unica norma che propone un metodo applicabile a queste fattispecie di esposizioni a partire da valutazioni sull’ambiente termico è lo standard inglese BS 7963:2000 “Guide to the assessment of heat strain in workers wearing personal protective equipment”. Questo standard non definisce un nuovo indice di esposizione, ma propone dei metodi per correggere le procedure definite dai metodi esistenti (WBGT e PHS) per ottenere una possibile valutazione degli effetti dello stress termico da caldo anche per i lavoratori che devono indossare abbigliamenti protettivi o altri DPI che possono incidere sull’ambiente termico personale.

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Lo stress termico da caldo

Le persone esposte al caldo subiscono uno stress termico che può incidere sul loro comfort, sulle loro prestazioni e sulla loro salute in un crescendo che può divenire letale.

Il Testo Unico sulla Salute e la Sicurezza sul Lavoro (D.Lgs 81/08) stabilisce che il datore di lavoro debba valutare questo tipo di rischio al Titolo VIII (“Agenti fisici”).
Questo rischio può essere valutato secondo due differenti approcci:

  1. la caratterizzazione dell’ambiente termico in cui il lavoratore si trova ad operare
  2. il monitoraggio di parametri fisiologici direttamente sul lavoratore

Il secondo è un sistema che richiede un’elevata preparazione da parte del valutatore (livello definito come expertise nella normativa tecnica internazionale) ed è normalmente adottato quando il primo metodo è giudicato inadeguato a descrivere la complessità della situazione, oppure quando i risultati derivanti dal primo indicano che il rischio è elevato.
In questo articolo affrontiamo un particolare caso che si ascrive all’approccio del primo tipo, ovvero l’accertamento dell’entità del rischio da stress termico a partire dalla caratterizzazione dell’ambiente termico quando il lavoratore indossa abbigliamento protettivo.

A livello internazionale sono definiti due metodi per l’accertamento dei rischi connessi con lo stress termico da caldo a partire dalla caratterizzazione dell’ambiente termico:

  • il metodo basato sull’indice WBGT (Wet Bulb Globe Temperature), illustrato nella norma tecnica UNI EN ISO 7243:2017;
  • il metodo denominato PHS (Predicted Heat Strain), basato sui descrittori tre (temperatura rettale) e D (quantità di liquidi perduti durante l’esposizione), illustrato nella norma tecnica UNI EN ISO 7933:2005.

Il metodo WBGT ha valore di indagine preliminare (screening nel linguaggio tecnico internazionale), mentre il PHS ha valore di indagine approfondita (analisys nel gergo tecnico internazionale).
Li abbiamo descritti entrambi in altri due articoli di questa sezione intitolati:

In entrambi i casi si assume che l’abbigliamento sia tale da garantire l’efficacia di tutti i meccanismi di scambio termico tra uomo e ambiente presi in considerazione nel metodo; si tratta infatti di metodi studiati per quei lavoratori che svolgono compiti al caldo, ma che non devono utilizzare abbigliamento protettivo.

L’unico standard che affronta il caso di lavoratori a rischio di stress termico da caldo e che devono indossare abbigliamenti speciali è quello emesso nello Regno Unito, denominato BS 7963:2000 dal titolo “Guide to the assessment of heat strain in workers wearing personal protective equipment”. Tali abbigliamenti hanno tipicamente lo scopo di offrire protezione da altri tipi di rischio come, ad esempio: polveri, agenti chimici, agenti microbiologici, taglio e lo stesso irraggiamento di calore.

BS 7963:2000 “Guide to the assessment of heat strain in workers wearing personal protective equipment”

Questo standard non definisce un nuovo indice di esposizione, ma propone dei metodi per correggere le procedure definite dai metodi esistenti[1] (WBGT e PHS) per ottenere una possibile valutazione degli effetti dello stress termico da caldo anche per i lavoratori che devono indossare abbigliamenti protettivi o altri DPI che possono incidere sull’ambiente termico personale.

Il primo effetto da tenere in considerazione, valido per entrambi i metodi, è correlato all’aumento del metabolismo energetico dovuto all’uso dei determinati DPI (incluso l’abbigliamento protettivo). Il tasso metabolico, secondo la BS 7963, dev’essere quindi riconsiderato quando il lavoratore indossa un abbigliamento diverso da quello standard, correggendolo con i valori forniti alla tabella 3.2 della norma stessa e riportata nella figura 1. Con abbigliamento standard si intende un insieme di capi a basso isolamento termico (Icl = 0.6 clo) e permeabili all’aria e al vapore (im = 0.38) (cfr UNI EN ISO 7243:2017).

BS 7963, table-2

Figura 1. BS 7963, table 2 “Estimated increases in metabolic rate due to wearing PPE”

Per quel che concerne la metodica WBGT, corretti i valori di metabolismo come indicato sopra, lo standard britannico indica di modificare il valore ottenuto dall’indice WBGT, sommandovi dei fattori correttivi che consentono di tenere conto degli effetti dell’abbigliamento protettivo rispetto a quello standard previsto dalla norma. Tali fattori sono proposti nella tabella A.1 della norma, riproposizione di un’indicazione di ACGIH del 1990. A questo proposito si deve tenere conto che la revisione 2017 della metodica WBGT ha fatto propria l’idea di correggere l’indice risultante nei casi in cui l’abbigliamento indossato dal lavoratore risulta differente dall’ “ordinario abbigliamento da lavoro”, soprattutto per quel che concerne la permeabilità al vapore. I termini correttivi sono detti CAV (clothing adjustement value). L’indice che se ne ricava è indicato come WBGTeff (WBGTeff = WBGT + CAV). I possibili valori di CAV sono forniti nell’appendice F della UNI EN ISO 7243:2017. Non approfondiamo oltre il metodo in questa sede perchè è parere degli scriventi che un indice di screening come il WBGT non dovrebbe essere preso in considerazione per esaminare casi ad alta criticità.

Considerato il maggior dettaglio del metodo PHS rispetto al metodo WBGT, anche gli aggiustamenti da apportare per adattarlo al caso di operatori che indossano abbigliamento protettivo, sono più articolati.

a) Innanzitutto, identicamente al caso WBGT, occorre determinare l’impatto dei DPI, abbigliamento incluso, sul tasso metabolico. A questo scopo si deve ricorrere nuovamente alla tabella 2 della BS 7963 (vedi figura 1 in questo articolo).

b) Quindi sarà necessario valutare se l’isolamento termico dell’abbigliamento sia effettivamente da correggere per tenere conto degli effetti dinamici. La procedura PHS prevede di applicare questa correzione comunque, calcolando il parametro Icl dyn, individuato dalla variabile Icldyn nel codice Basic del programma di cui all’appendice E della UNI EN ISO 7933:2005. Se l’abbigliamento indossato è attillato o addirittura completamente incapsulante, andrebbe impedita questa correzione imponendo che il parametro Icl dyn assuma lo stesso valore del parametro Icl, ammesso che sia fattibile con i tool software che si hanno a disposizione.

Nel caso si utilizzi un tool commerciale sarà difficilmente attuabile una correzione di questo tipo. Uno stratagemma molto approssimato potrebbe essere quello di inserire come isolamento termico di base (quindi statico) il valore reale aumentato del 20-30%.

c) Sempre con riferimento all’abbigliamento, nel caso in cui quello realmente indossato dal lavoratore abbia un’alta resistenza all’evaporazione o, al limite, sia impermeabile, andrà tenuto conto che sarà da eliminare o comunque ridurre la quota di calore ceduta all’ambiente, per evaporazione del sudore. La BS 7963, riferendosi alla UNI EN 12515:1999 che non considerava la permeabilità al vapore degli indumenti, propone di imporre che la temperatura di bulbo umido sia pari alla temperatura di bulbo secco (occorrenza che si avrebbe se l’umidità relativa dell’aria fosse pari al 100% e pertanto nessuna evaporazione fosse possibile). Lo standard PHS include invece in input l’indice di permeabilità al vapore dell’abbigliamento (pari a 0.38 per il cosiddetto “abbigliamento standard”). Questo non può essere posto pari a 0 (caso di abbigliamento impermeabile e completamente incapsulante), dal momento che nei calcoli diventa un divisore, tuttavia si può porre pari a un valore basso o molto basso (0.001 per esempio). Si tenga però conto che la modificazione dell’indice di permeabilità dell’abbigliamento non è un grado di libertà previsto dalla norma perché questa non è applicabile per abbigliamenti speciali e infatti suggerisce di porre quest’indice sempre pari a 0.38. Pertanto, se il tool impiegato non consente di variarlo, si può pensare di agire sulla pressione parziale del vapor d’acqua pa, dato senz’altro presente tra quelli richiesti in input. Per annullare gli effetti della cessione di calore per evaporazione del sudore, basta porre pa pari al valore della pressione di vapor saturo (al quale corrisponde ovviamente un’umidità relativa pari al 100%), calcolabile, per via approssimata, a partire dalla temperatura dell’aria a bulbo secco ta.

Si veda in proposito UNI EN ISO 7726:1998, appendice D. Pas, pressione di vapor saturo, è calcolabile per via approssimata come 0.611×exp(17.27×ta / (ta + 237.3))

d) Sempre per rendere conto della limitata capacità del corpo di disperdere calore per evaporazione, la norma suggerisce di imporre una velocità dell’aria non superiore a 0.1 ms-1. In questo modo si riduce anche la quota di calore che sarà ceduta per convezione, considerato che questa quota è anch’essa inferiore a quella che si sarebbe avuta se l’abbigliamento fosse stato permeabile al vapore.

Conclusioni

Nel caso di lavoratori esposti allo stress termico da caldo e che indossano abbigliamento non-standard, una valutazione del rischio eseguita tramite misurazioni relative all’ambiente termico dev’essere condotta mediante procedura PHS, corretta come da standard britannico BS 7963:2000.

Si deve considerare come non-standard tutto l’abbigliamento protettivo come quello in uso per la protezione da polveri, agenti chimici, agenti microbiologici, taglio e lo stesso irraggiamento di calore, per arrivare a quello CBRN (in generale tutto l’abbigliamento con isolamento termico sensibilmente maggiore di 0.6 clo e permeabilità al vapore significativamente inferiore a 0.38).

L’accertamento tecnico si compie apportando gli aggiustamenti illustrati sopra ai punti a), b), c) e d). Gli esiti non possono che risultare peggiori di quelli che si ottengono con l’applicazione della metodica PHS “pura” e le correzioni alla procedura di base sono quindi inutili se una valutazione PHS ha già restituito esiti negativi.
È invece necessario condurre una rivalutazione apportando gli aggiustamenti proposti dalla BS 7963 se l’esame compiuto con il metodo PHS restituisce indici entro i limiti, perché i risultati possono risultare pesantemente sottostimati se gli operatori indossano un abbigliamento con isolamento termico e resistenza all’evaporazione peggiori rispetto a quelli standard.


[Nota 1] Per la precisione i metodi esistenti cui si fa riferimento sono:

  • EN 12515:1997, recepita in Italia con la UNI EN 12515:1999 “Ambienti caldi – Determinazione analitica ed interpretazione dello stress termico mediante calcolo della sudorazione richiesta”, sostituita nel 2005 dalla UNI EN ISO 7933:2005 “Ergonomia dell’ambiente termico – Determinazione analitica ed interpretazione dello stress termico da calore mediante il calcolo della sollecitazione termica prevedibile
  • EN 27243:1993, recepita in Italia con la UNI EN 27243:1996 “Ambienti caldi. Valutazione dello stress termico per l’uomo negli ambienti di lavoro, basata sull’indice WBGT (temperatura a bulbo umido e del globotermometro)”, sostituita nel 2017 dalla UNI EN ISO 7243:2017 “Ergonomia degli ambienti termici – Valutazione dello stress da calore utilizzando l’indice WBGT (temperatura globo del bulbo bagnato)”

Ad ogni modo le correzioni proposte dalla BS 7963 si applicano quasi identicamente anche alle più recenti revisioni delle norme citate nello standard UK.


Bibliografia

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