Articolo integrale

COMPLESSITÀ NEL PROCESSO DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI ESPOSIZIONE A CAMPI ELETTROMAGNETICI

A. Merlino1

1 CeSNIR, Villasanta (MB)

Indice

Introduzione

La valutazione del rischio da esposizione a campi elettromagnetici nei luoghi di lavoro è, per il momento, un processo molto complesso e richiede al valutatore elevate competenze e un impegno considerevole in termini di dotazione strumentale.
Scopo di questo contributo è di illustrare e quindi condividere le scelte che CeSNIR ha fatto in termini motodologici e di selezione della strumentazione di misura, per compiere una valutazione del rischio dell’esposizione occupazionale in linea con le richieste del D.Lgs 81/08, Titolo VIII, Capo IV e le norme tecniche di riferimento.
Gli aspetti del processo di valutazione che saranno affrontati nel seguito sono: la definizione del rischio (occupazionale o generico); l’individuazione delle grandezze fisiche oggetto di verifica; l’organizzazione della campagna di misurazioni (scelta dei punti di misura e dei metodi/strumentazione); l’elaborazione dei dati acquisiti ai fini del confronto normativo.
Nel presente lavoro si fa riferimento principalmente al settore industriale e della sanità, mentre è trascurato quello delle telecomunicazioni, meritevole di una trattazione a parte.

Esposizioni occupazionali e generiche

Secondo la definizione dell’art. 2, comma 1, lettera f), della legge 36/2001, la legge quadro sulla protezione dai campi elettromagnetici, l’esposizione dei lavoratori è ogni tipo di esposizione dei lavoratori e delle lavoratrici che, per la loro specifica attività lavorativa, sono esposti a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici. Come precisato in [1] sono quindi da intendersi esposizioni di carattere professionale quelle strettamente correlate e necessarie alle finalità del processo produttivo e le esposizioni indebite a sorgenti non correlate con la specifica attività dei lavoratori che ricadono sotto la gestione del datore di lavoro, devono essere eliminate o ricondotte entro le restrizioni previste dalla normativa vigente per la tutela della popolazione. Emerge quindi che il datore di lavoro si può trovare a dover condurre una valutazione dei rischi rispetto a un sistema di riferimenti normativi che, oltre al D.Lgs 81/08, comprende anche quelli che definiscono tutele nei confronti della popolazione. Questo aspetto non è presente nella valutazione degli altri agenti fisici.

Quali grandezze verificare

Il Titolo VIII, al Capo IV, propone, anche per i campi elettromagnetici, un doppio sistema di valori soglia, organizzato in valori di azione (VA) e valori limite di esposizione (VLE), analogamente a quanto fatto per rumore e vibrazioni (per le radiazioni ottiche artificiali esistono invece solo limiti di esposizione). Tuttavia l’approccio è completamente diverso rispetto a questi altri due agenti a partire dal fatto che le grandezze cui si riferiscono i VA e quelle cui si riferiscono i VLE sono diverse e si intendono anche valutate in mezzi diversi. Le prime sono infatti grandezze che attengono al campo elettromagnetico misurabile in aria (E, H, B e D), in assenza del corpo dell’addetto, alle quali si aggiungono le correnti di contatto e le correnti indotte attraverso gli arti; i VLE sono invece espressi per mezzo di grandezze inerenti gli effetti che i campi elettromagnetici inducono internamente al corpo umano e all’interno di questo si intendono valutate. I VA non rappresentano quindi una soglia “preliminare”, analogamente a quanto previsto per rumore e vibrazioni, ma sono invece valori che traducono le soglie che i VLE fissano internamente al corpo umano in soglie verificabili all’esterno di questo e per questo motivo il legislatore, all’articolo 207, comma c, nel definire i valori di azione si trova a dover specificare che il rispetto di questi valori assicura il rispetto dei pertinenti valori limite di esposizione. Per questi motivi la valutazione del rischio elettromagnetico, nella quasi totalità dei casi potrà essere correttamente svolta assumendo come soglia invalicabile quella definita dai valori di azione. A questo si aggiunga che la verifica dei VLE richiede competenze molto elevate e sistemi (di calcolo e/o di misura) molto onerosi e lo stesso documento [1] indica che l’utilizzo delle tecniche di calcolo numerico necessarie per la verifica dei VLE è appannaggio pressoché esclusivo di centri ricerca altamente specializzati e trova applicazione elettiva nella standardizzazione dei prodotti.

Venendo alle grandezze fisiche che devono essere valutate, consideriamo innanzitutto che quelle che sono regolamentate in termini di valori di azione sono sei (cfr. Tabella 2 dell’allegato XXXVI del D.Lgs 81/08): il campo elettrico (E), il campo magnetico (H), l’induzione magnetica (B), la densità di potenza di onda piana (Seq), la corrente di contato (IC) e la corrente indotta attraverso gli arti (IL). Ciò nonostante, anche negli intervalli di frequenza in cui sono tutte definite, non sono tutte e sei da verificare. Tenuto infatti conto che in aria vale sempre la relazione B = m0H (dove m0 è la permeabilità magnetica del vuoto) e che, in condizioni di onda piana, valgono le relazioni H = E/Z0 e D = E2/Z0 (dove Z0 è l’impedenza del vuoto), sino alla frequenza di 10 MHz le misurazioni necessarie sono quelle delle grandezze H (o B) ed E, mentre per frequenze superiori a 10 MHz, oltre a IL (correnti indotte attraverso gli arti) sarebbe sufficiente verificare solo una grandezza tra E, B (o H) ed S ma, almeno sino a 30 MHz, essendo probabile un’esposizione nella zona di campo vicino, è meglio continuare a verificare almeno sia E che B (o H). Questo vale specialmente per sorgenti industriali di campo elettromagnetico, mentre in prossimità di siti per la radiodiffusione sonora e televisiva l’esposizione può risultare in campo vicino anche a frequenze di qualche centinaio di MHz e diverse valutazioni devono essere compiute (per queste si rimanda alla norma CEI 211-7).

Scelta delle posizioni di misura e della durata delle misurazioni

Le posizioni di misura sono scelte tenendo conto del duplice scopo delle misurazioni:

  • quantificare il livello di campo elettromagnetico relativo ad ognuno dei compiti lavorativi potenzialmente esposti all’agente;
  • verificare eventuali limitazioni di accesso alle aeree in prossimità delle sorgenti.

Il secondo dei due obbedisce al precetto che i valori di azione non siano superati in nessuna situazione, anche temporaneamente.

La valutazione dell’esposizione a un campo magnetico statico, ovvero a 0 Hz, può essere spesso compiuta a partire dai dati tecnici riportati nella documentazione che solitamente accompagna detti sistemi, normalmente sufficientemente esauriente ed esplicativa da consentirlo. Attenzione deve però essere prestata alla possibilità che anche in questo contesto debbano essere valutati gli effetti a campi variabili nel tempo; questo può rendersi necessario se l’addetto si muove in un campo statico con un significativo gradiente spaziale (caso ad esempio della RMN), oppure se, per quanto la sorgente sia rappresentata da un magnete, questo sia in movimento (come può accadere nella separazione dei rifiuti).

La valutazione di campi elettromagnetici a bassa frequenza, ovvero nel range 1 Hz – 100 kHz, prevede di misurare sia la parte elettrica (E) che la parte magnetica (H o B). Gli effetti sulla salute da prevenire sono quelli legati alla stimolazione elettrica dei tessuti (quindi non termici) e i valori di azione sono pertanto espressi su base istantanea. Le misurazioni possono quindi durare anche pochi secondi a patto che le sorgenti si trovino in un esercizio rappresentativo delle condizioni peggiori. Tenendo conto che si tratta di campi quasi statici e che non propagano e che ogni punto significativo nell’intorno della sorgente, per quanto lontano, si trova nella zona di campo reattivo, le misurazioni si svolgono nei pressi di ogni macchina/dispositivo oggetto di monitoraggio, nel punto dove risulta massima l’intensità di campo elettrico e/o magnetico. Nei casi in cui non fosse identificabile una specifica sorgente di campo, ma questo fosse piuttosto generato da un sistema distribuito, come nel caso di una cabina elettrica, vanno condotte innanzitutto delle rilevazioni preliminari, strumentazione alla mano, finalizzate alla ricerca dei punti maggiormente rappresentativi della peggior esposizione all’interno dell’area/ambiente in esame.

Nella valutazione dei campi ad alta frequenza, ovvero superiore a 100 kHz, si deve considerare che, sino alla frequenza di 10 MHz, devono essere tenuti in considerazione sia effetti non termici (quindi da valutare su base istantanea) che effetti termici (da valutare pertanto sul tempo di riferimento di 6 minuti). Oltre la frequenza di 10 MHz si valutano invece solo gli effetti dovuti alla cessione termica di energia.

In merito alla variabilità spaziale dei campi a alta frequenza è necessario tener conto che possono propagare nello spazio circostante ed interessare anche zone lontane dal punto di emissione. Risulta pertanto necessario studiare l’emissione ed, eventualmente, condurre delle campagne di misura nelle aree dov’è atteso di trovarvi ancora livelli importanti. Questo è però insolito nel contesto industriale e medicale dove gli applicatori della radiazione elettromagnetica sono normalmente fatti per contenere la radiazione sul mezzo da trattare (esempi di tali sorgenti sono: i sistemi per la tempra a induzione, l’essiccazione delle colle, lo stampaggio delle plastiche, le terapie riabilitative magnetiche ed elettriche, …). La possibilità che si abbiano esposizioni elevate anche a distanze dalla sorgente medie o grandi è quasi esclusivamente connessa alle emissioni degli impianti di telecomunicazione e dei radar.

Selezione della strumentazione di misura

Per la misurazione di campi magnetici statici trova applicazione il Gaussmetro che dovrebbe essere dotato di sonda triassiale (cosa non comune per questi strumenti), vista la difficoltà che esiste nell’orientare le sonde monoassiali a causa delle piccole dimensioni dei sensori ad effetto Hall.

Per la corretta individuazione della strumentazione da impiegare nella valutazione di campi elettrici e magnetici dinamici, bisogna tener presente la nota 5 della tabella dei valori di azione di cui all’allegato XXXVI del D.Lgs 81/08, che precisa: “per quanto riguarda i campi elettromagnetici pulsati o transitori o in generale l’esposizione simultanea a campi di frequenza diversa, è necessario adottare metodi appropriati di valutazione, misurazione e/o calcolo in grado di analizzare le caratteristiche delle forme d’onda e la natura delle interazioni biologiche, tenendo conto delle norme armonizzate europee elaborate dal CENELEC”. Una panoramica sui metodi appropriati di valutazione è fornita dalla norma CEI EN 50499:2009 dal titolo “Procedura per la valutazione dell’esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici”, all’allegato D.

Nel range delle basse frequenze il valutatore deve pertanto prevedere un sistema in grado di scomporre spettralmente sia il campo elettrico che quello magnetico. In questi casi è infatti facile che si verifichi un’esposizione a frequenze diverse a causa del fatto che alla componente fondamentale (tipicamente quella di rete, 50 Hz) si accompagnano una serie di componenti armoniche che devono essere considerate nel calcolo dell’esposizione complessiva. Tale sistema, tipicamente basato sul calcolo della trasformata di Fourier del segnale, risulta però inadeguato per segnali veloci, oppure per segnali impulsati o, comunque, con forma d’onda caratterizzata da transienti veloci.

Se abbiamo a che fare con segnali non persistenti e troppo veloci per essere sottoposti alla FFT, ma ancora di forma d’onda regolare e che possono essere considerati mono frequenza (contenuto armonico trascurabile) può essere utilizzato un misuratore di campo elettrico/magnetico con sonda in banda larga. Se invece il segnale è irregolare o impulsato, per la valutazione dei transienti occorre riferirsi alla “frequenza equivalente” (cfr. nota 4 della tabella con i valori di azione pubblicata nel D.Lgs 81/08). Questo tipo di verifica è però molto complessa e richiede l’impiego di un oscilloscopio cui collegare delle sonde calibrate per l’analisi del segnale nel dominio del tempo. In alternativa è possibile ricorrere a strumentazione che implementi il metodo del “picco ponderato”; si tratta di sistemi che analizzano il segnale nel dominio nel tempo, applicandovi un filtro in grado di ponderare l’intensità del segnale rispetto ai valori di azione e restituendo un valore che esprime, in termini percentuali, il rapporto tra l’esposizione effettiva e quella massima consentita dall’insieme dei valori di azione. Questa strumentazione, chiamata “misuratore del livello di esposizione” si comporta bene sia con campi multi-frequenza che nel caso di campi caratterizzati da transitori veloci/impulsi. Noi utilizziamo un sistema che restituisce la scomposizione in frequenza del segnale tutte le volte che è possibile, ricorrendo al misuratore del livello di esposizione solo nel caso di transienti veloci e impulsi. Questa nostra scelta dipende dal fatto che l’analisi in frequenza consente di avere uno sguardo più completo sul segnale, del quale si ottiene l’intensità di ogni contributo, sia per la parte elettrica che per la parte magnetica. Il misuratore del livello di esposizione restituisce invece solo quella che potremo chiamare la “dose”, ovvero l’esposizione in termini percentuali rispetto al sistema dei valori di azione e inoltre quello a nostra disposizione per le basse frequenze (Narda ELT-400) è dotato di sonda per il solo campo magnetico. Quando passiamo alla misurazione con questo sistema, se le condizioni di misura lo rendono possibile, completiamo l’indagine acquisendo anche la forma d’onda del segnale con un oscilloscopio, pur non procedendo ad una sua analisi. Va infine detto che il calcolo dell’esposizione basata sull’analisi in frequenza del segnale, restituisce un valore che sovrastima l’esposizione reale, quanto più questo è ricco di contributi distinti in frequenza. Questa sovrastima si deve al fatto che ogni contributo è considerato in fase con tutti gli altri, cosa normalmente non rispondente al vero; di questa distorsione non è invece affetta la valutazione compiuta con il metodo del picco ponderato.

Valutazione dell’esposizione e confronto normativo

Portate a termine le misurazioni, nei casi in cui si è proceduto con l’analisi in frequenza del segnale, rimane da calcolare l’esposizione (cfr. CEI EN 50499:2009, all. D). Per gli effetti dovuti alle correnti indotte e alla stimolazione elettrica, significativi sino a 10 MHz, il criterio di valutazione prevede di calcolare la conformità rispetto ai valori di azione attraverso le:

Per gli effetti termici, rilevanti sopra i 100 kHz, si applicano le:

I valori risultati dalle sommatorie di cui sopra sono chiamati anche “indici ICNIRP”.

Si fa notare che per frequenze comprese tra 100 kHz e 10 MHz possono aversi sia effetti di stimolazione elettrica che termici e vanno quindi valutate tutte e quattro le relazioni sopra e sarà sufficiente che una sola non sia soddisfatta per definire l’esposizione non conforme ai valori di azione.

Risultati

Presentiamo ora degli esempi di valutazioni tratte dalla nostra esperienza, significative rispetto agli aspetti trattati sopra ovvero quelli relativi alla valutazione dell’esposizione a frequenze diverse ed alla valutazione dell’esposizione in caso di campi caratterizzati da transienti veloci.

Nelle due immagini alle figure 1 e 2 è presentata la composizione spettrale dell’induzione magnetica rilevata in due cabine elettriche MT/BT in prossimità delle batterie di bassa tensione. Nel primo caso l’intensità della componente fondamentale è pari a 307 mT e, considerando anche il contributo di nove componenti armoniche, si perviene ad un indice ICNIRP pari a 1.15, che esprime pertanto il superamento della massima esposizione consentita dall’insieme di valori di azione.

Fig. 1 e 2. Analisi in frequenza del campo magnetico rilevato all’interno di una cabina elettrica MT/BT. Per ogni componente giudicata significativa è riportata la frequenza e l’intensità. La linea rossa rappresenta il limite imposto dai valori di azione.

Da notare che la componente a 50 Hz contribuisce per 0.61 e le armoniche, complessivamente, per 0.54 (di cui, quella a 350 Hz per 0.17, visto che ha un intensità di 12 mT su un valore di azione pari a 71 mT). Nel secondo caso l’intensità del contributo a 50 Hz è pari a 173.5 mT e quindi il suo rapporto con il corrispondente valore di azione vale solo 0.35; ciò nonostante l’indice ICNIRP, tenuto conto del contributo di 11 armoniche, è pari a 0.91 (il contributo più importante da parte delle componenti armoniche è quello a 450 Hz che è pari a 0.14).

Venendo invece a un caso in cui si è rivelato indispensabile ricorrere all’analisi nel dominio del tempo, proponiamo quello della valutazione dell’esposizione in prossimità di una resistenza per il riscaldamento di un gas. La potenza di questa resistenza è regolata in funzione della richiesta, fornendo una tensione di alimentazione di circa 320 V parzializzata nel tempo, con una modalità denominata “treno di impulsi”. La possibilità che il segnale potesse essere caratterizzato da irregolarità si era manifestata nell’analisi in frequenza che presentava, tra una componente e l’altra, continui “ripple” e inoltre la distribuzione spettrale si mostrava incostante nel tempo (vedi figure 3 e 4). Si è quindi passati alla valutazione dell’esposizione con il misuratore che implementa il metodo del picco ponderato, ottenendo che, per distanze dell’ordine del mezzo metro, l’esposizione poteva raggiungere il 300% circa del consentito, valore non immaginabile dall’osservazione delle curve spettrali.

Fig. 3 e 4. Analisi in frequenza del campo magnetico di un segnale che presenta componenti impulsive.

Le immagini alla figure 4, 5 e 6, rappresentano gli andamenti del campo nel dominio del tempo acquisiti mediante un oscilloscopio connesso allo stesso misuratore del livello di esposizione (che è dotato di un’uscita analogica che rende disponibile il segnale acquisito dalla sonda per ognuno dei suoi tre assi). Questi grafici consentono di apprezzare la regolarità della forma d’onda del singolo impulso (una sinusoide), come questa viene troncata e come riparte; è in quest’ultima fase che presenta la più forte irregolarità, nella forma di un ripido transiente ascendente seguito da un altrettanto ripido transiente discendente, prima di riprendere la forma regolare di una sinusoide.

Fig. 4, 5 e 6. Forma d’onda del campo magnetico emesso dalla resistenza alimentata con tensione parzializzata nel tempo. La prima immagine consente di valutare la forma di un impulso intero, la sua durata e l’intervallo di tempo che intercorre tra un impulso e l’altro. La seconda propone una vista della parte finale di ogni impulso e la terza della parte iniziale.

Dalle misure effettuate con l’oscilloscopio è poi possibile misurare la durata degli impulsi e la loro separazione temporale, che sono risultate pari rispettivamente a 2200 ms e 215 ms circa.

Si propongono infine una serie di forme d’onda acquisite nel corso della valutazione dell’esposizione del personale medico e infermieristico di un ospedale, al campo elettromagnetico emesso da alcuni elettromedicali.

Fig. 7 Defibrillatore


Fig. 8 e 9 Elettrobisturi in due differenti modalità di utilizzo


Fig. 10, 11 e 12 Radiobisturi in tre differenti modalità di utilizzo


Fig. 13 Tecar in modalità capacitiva


Fig. 14 Tecar in modalità resistiva


Fig. 15 Magnetoterapia transcranica

Bibliografia

[1] Coordinamento Tecnico Interregionale della Prevenzione nei Luoghi di Lavoro (2009-11) “D.Lgs 81/08, Titolo VIII, Capo I, II, III, IV e V sulla prevenzione e protezione dai rischi dovuti all’esposizione ad agenti fisici nei luoghi di lavoro. Indicazioni operative.”

[2] CEI EN 50499:2009 “Procedura per la valutazione dell’esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici”

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