Valutazione della qualità dell’aria negli ambienti indoor. Un contributo nella direzione di un metodo condiviso (AIDII, 2018)

Torino, 13 – 15 giugno 2018
35° Congresso Nazionale di Igiene Industriale e Ambientale AIDII

Abstract

Il legislatore, con il D.Lgs 81/08 (Testo Unico sulla Salute e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro) prescrive il rispetto di specifici requisiti negli ambienti chiusi, in relazione al microclima, la qualità dell’aria, l’illuminazione e il rumore.
Questo lavoro interviene nel merito della qualità dell’aria degli ambienti indoor, argomento sul quale, da alcuni anni, è vivo il dibattito in merito agli indicatori da utilizzare per tale valutazione. Si ricorda che con ambiente indoor si intendono gli ambienti di lavoro dove non avviene alcuna produzione industriale che possa giustificare la presenza di agenti o sostanze nocive (uffici, call center, esercizi commerciali, banche, luoghi di cura, …)
L’attesa è di giungere a un set di indicatori che costituisca una base valida per un generico ambiente indoor e che sia definita una procedura condivisa per la loro determinazione, così come siano individuati i valori soglia a cui far riferimento.
A livello nazionale ed internazionale sono diversi gli approcci proposti e nessuno di questi si impone sugli altri per contenuti o autorevolezza del proponente. Le indicazioni che se ne ricavano in merito ai parametri da monitorare, nonché sui metodi da utilizzare al fine del monitoraggio, non sono univoche e sono in continua evoluzione.
Si può pertanto affermare che ad oggi il legislatore abbia definito con chiarezza quale obiettivo sia chiamato a raggiungere il datore di lavoro, ovvero avere il controllo sulla qualità dell’aria indoor; tuttavia i metodi per perseguire tale obiettivo, la cui definizione è a carico della comunità scientifica, sono ancora in divenire.
Nell’incertezza sui parametri da verificare e sui metodi da adottare, ma con la contestuale certezza della necessità di non rimandare oltre le iniziative di controllo della qualità dell’aria degli ambienti indoor, gli scriventi, da oltre 10 anni impegnati su questo fronte, hanno recentemente provato un nuovo possibile approccio, che prende spunto dal così detto “approccio tedesco”. È illustrato nel presente lavoro, facendo anche riferimento ad un caso di studio sul quale è stato applicato.

indoor air quality

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VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DELL’ARIA DEGLI AMBIENTI INDOOR. UN CONTRIBUTO NELLA DIREZIONE DI UN METODO CONDIVISO

Alessandro Merlino1, Gabriele Quadrio1, Gianluca Gambino1

1  CeSNIR, Villasanta (MB)

Indice

INTRODUZIONE

Il legislatore, con il D.Lgs 81/08 (Testo Unico sulla Salute e Sicurezza nei Luoghi di Lavoro) prescrive il rispetto di specifici requisiti negli ambienti chiusi, in relazione al microclima, la qualità dell’aria, l’illuminazione e il rumore.
Questo lavoro interviene nel merito della qualità dell’aria degli ambienti indoor, argomento sul quale, da alcuni anni, è vivo il dibattito in merito agli indicatori da utilizzare per tale valutazione. Si ricorda che con ambiente indoor si intendono gli ambienti di lavoro dove non avviene alcuna produzione industriale che possa giustificare la presenza di agenti o sostanze nocive (uffici, call center, esercizi commerciali, banche, luoghi di cura, …)
L’attesa è di giungere a un set di indicatori che costituisca una base valida per un generico ambiente indoor e che sia definita una procedura condivisa per la loro determinazione, così come siano individuati i valori soglia a cui far riferimento.
A livello nazionale ed internazionale sono diversi gli approcci proposti e nessuno di questi si impone sugli altri per contenuti o autorevolezza del proponente. Le indicazioni che se ne ricavano in merito ai parametri da monitorare, nonché sui metodi da utilizzare al fine del monitoraggio, non sono univoche e sono in continua evoluzione.
Si può pertanto affermare che ad oggi il legislatore abbia definito con chiarezza quale obiettivo sia chiamato a raggiungere il datore di lavoro, ovvero avere il controllo sulla qualità dell’aria indoor; tuttavia i metodi per perseguire tale obiettivo, la cui definizione è a carico della comunità scientifica, sono ancora in divenire.
Nell’incertezza sui parametri da verificare e sui metodi da adottare, ma con la contestuale certezza della necessità di non rimandare oltre le iniziative di controllo della qualità dell’aria degli ambienti indoor, gli scriventi, da oltre 10 anni impegnati su questo fronte, hanno recentemente provato un nuovo possibile approccio, che prende spunto dal così detto “approccio tedesco”. È illustrato nel presente lavoro, facendo anche riferimento ad un caso di studio sul quale è stato applicato.

SCOPO DELL’ACCERTAMENTO

Lo scopo di un accertamento in relazione alla qualità dell’aria di un ambiente di lavoro indoor, è di verificare l’assenza di fattori inquinanti, inteso che con inquinamento indoor si fa riferimento alla presenza di contaminanti fisici, chimici e biologici, nell’aria di ambienti confinati, non presenti naturalmente nell’aria di sistemi ecologici aperti di elevata qualità (Ministero dell’Ambiente, 1991).
Tale analisi si rende necessaria principalmente in virtù del fatto che tipicamente si tratta di ambienti frequentati ogni giorno da una moltitudine di persone, tra lavoratori ed eventualmente clienti, che sono ambienti confinati e che la ventilazione è esclusivamente forzata.

EFFETTI SULLA SALUTE

Data la definizione di salute quale stato di completo benessere fisico, mentale e sociale (OMS, 1948), si ha l’implicazione che gli effetti sulla salute umana che risultano rilevanti negli ambienti indoor, debbano includere sia gli effetti avversi, sia le semplici modificazioni dello stato di benessere (Mølhave, 2003).
Gli effetti sulla salute dovuti agli inquinanti indoor sono spesso reversibili e di norma non specifici, ovvero non riconducibili all’esposizione di uno o più specifici agenti. La maggior parte degli effetti sono causati dalla stimolazione dei chemiorecettori (recettori degli stimoli chimici): glomi, gusto e olfatto.
L. Mølhave nel 2000 ha proposto di suddividere gli inquinanti indoor in tre classi sulla base degli effetti sulla salute a questi ascrivibili: inquinanti primari, inquinanti secondari e inquinanti ipotetici o potenziali. I primi sono responsabili di effetti sulla salute per i quali esiste una ben nota relazione di causa-effetto e per questi sono rintracciabili, nella letteratura di riferimento, valori guida eleggibili a limiti di esposizione, per quanto possa ancora non esistere un accordo unanime intorno ad un unico valore guida. Gli inquinanti secondari sono individuati come possibili cause degli effetti meno severi sulla salute, effetti spesso reversibili. Per questi effetti non è normalmente noto un preciso meccanismo di causa-effetto, ma esiste tuttavia un’associazione documentata con la qualità dell’aria indoor. Per la valutazione di questi inquinanti sono spesso usati degli indicatori (come, ad esempio, il TVOC) o delle valutazioni indirette ed è adottato il ricorso a raccomandazioni, normalmente basate sul principio del As Low As Reasonably Achievable (ALARA). Gli inquinanti ipotetici o potenziali sono quelli ai quali si attribuiscono effetti non ancora compiutamente descritti e per i quali non esiste ancora una prova che si possano attribuire alla qualità dell’aria. Un esempio è la sindrome da sensibilità chimica multipla (MCS).
Gli effetti non specifici ascrivibili agli inquinanti secondari, appaiono spesso in combinazione di più e questo risultato ha portato a riunirli in gruppi di sintomi chiamati sindromi. Tra queste citiamo le due seguenti:

  • Sick Building Syndrome, SBS, (sindrome dell’edificio malato);
  • Multiple Chemical Sensitivity, MCS, (sindrome da sensibilità chimica multipla).

Per una descrizione di queste sindromi si rimanda al sito del Ministero della Salute (www.salute.gov.it) ma si sottolinea che della seconda, il Ministero avvisa che è ritenuta da alcuni una complessa sindrome psicosomatica e che altri autori avanzano dubbi anche sulla reale esistenza di questa malattia come entità patologica a sé stante.

QUADRO LEGISLATIVO DI RIFERIMENTO

Il D.Lgs 81/08 interviene a proposito del controllo della qualità dell’aria degli ambienti non industriali all’Allegato IV “Requisiti dei luoghi di lavoro”. L’allegato detta i requisiti che devono essere soddisfatti in tutti i luoghi di lavoro e al punto 1.9.1.1 fornisce la seguente prescrizione per la qualità dell’aria: nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente ottenuta preferenzialmente con aperture naturali e quando ciò non sia possibile, con impianti di areazione.
Il legislatore non prescrive quindi quantitativi massimi accettabili di sostanze inquinanti nell’aria indoor, demandando di fatto alle fonti di letteratura più autorevoli nel settore, di individuare delle concentrazioni limite. Si deve precisare che, con riferimento agli inquinanti chimici e fisici, il Titolo IX “Sostanze pericolose” non è un riferimento pertinente, dal momento che tratta le esposizioni occupazionali ed è quindi applicabile agli ambienti industriali; di conseguenza, non sono pertinenti nemmeno i “valori limite di esposizione professionale” definiti nell’allegato XXXVIII. Analoga valutazione vale per il Titolo X riferito agli inquinanti microbiologici. La stessa OMS, nel documento del 1983 intitolato “Indor Air Poluants: Exposure and Health effects.” (Copenhagen, WHO Regional Office for Europe, 1983) riportava che non fosse appropriato, per gli ambienti indoor, l’utilizzo dei valori limite di esposizione professionale industriale e che per questi ambienti era necessario lo sviluppo di specifici riferimenti.

INQUINANTI E INDICATORI DI RIFERIMENTO

Al fine di stabilire il grado di salubrità dell’aria in uno specifico ambiente di lavoro, devono essere innanzitutto individuati gli inquinanti e/o gli indicatori a mezzo dei quali compiere tale valutazione. Dal momento che in quelli che sono definiti ambienti indoor non sono presenti sostanze pericolose, né per usi deliberati, né quale conseguenza di particolari lavorazioni e processi in genere, l’individuazione degli inquinanti e/o gli indicatori è da compiersi a priori, individuando quelli che in un generico ambiente indoor costituiscono una base significativa per la valutazione della qualità dell’aria. Sugli stessi infatti il legislatore non si esprime.
Sulla base della letteratura esistente sul tema, gli scriventi hanno individuato nelle analisi proposte di seguito, quelle più significative da condurre:

  • composti organici volatili, COV (VOCs nell’acronimo inglese), che costituiscono una classe cospicua di inquinanti, le cui emissioni sono ascrivibili a sorgenti indoor e sono perciò sostanzialmente ubiquitari in questi ambienti;
  • formaldeide (composto facente parte dei COV ma non incluso nella determinazione dell’indice TVOC e pertanto considerato a parte);
  • polveri aerodisperse;
  • anidride carbonica (CO2).

Per le valutazioni di cui sopra si è tenuto in considerazione dei seguenti fattori:

I primi due gruppi di composti (COV e polveri aerodisperse) sono riconosciuti come quelli maggiormente meritevoli di attenzione (ISS, 2013). La concentrazione della CO2 si configura come un indicatore del corretto tasso di ricambi d’aria all’interno dell’edificio in esame. Nei luoghi di lavoro indoor, normalmente non hanno luogo combustioni e pertanto le sostanze che da queste derivano possono essere escluse dalle analisi; queste sostanze sono: CO (monossido di carbonio); NOx (ossidi di azoto); SO2 (diossido di zolfo).
L’opportunità di prendere in esame sostanze derivanti dall’esterno, è valutata solo in presenza di sorgenti esterne le cui emissioni possano potenzialmente produrre inquinamento nelle realtà vicine. Esempi di sorgenti esterne che, se presenti, divetterebbero oggetto di attenzione sono: raffinerie, grandi impianti di rifornimento carburante, centrali termoelettriche, inceneritori, siti di industria pesante o industrie a rischio. In questi casi possono diventare significative le determinazioni di idrocarburi policiclici aromatici (IPA), CO (monossido di carbonio), NOx (ossidi di azoto), SO2 (diossido di zolfo).
Altro caso a parte è quello degli ambienti ripopolati dopo il ripristino a seguito di un incendio.

L’APPROCCIO TEDESCO

In assenza di un riferimento legislativo italiano o europeo, nel presente lavoro ricorriamo, come premesso, all’approccio tedesco. La Germania ha visto l’emissione di linee guida a cura del Ad-hoc Working Group of the Indoor Air Hygiene Commission of the German Federal Evironmente Agency ad of the Supreme State Health Authorities (IRK/AOLG Ad-hoc working group), comitato al quale, con una risoluzione della Conferenza dei Ministeri della Salute, nel 1996, è stata assegnata la responsabilità di stabilire valori limite (denominati valori guida) basati su considerazioni tossicologiche. Lo scopo era quello di ridurre al minimo le possibili incertezze e divergenze negli accertamenti tecnici inerenti la qualità dell’aria negli ambienti indoor e prevenire in questo modo possibili controversie tra le diverse parti interessate. Questo in virtù del crescente interesse per il tema dell’inquinamento indoor, verso il quale istituzioni pubbliche e private avevano proposto procedure di valutazione diverse e differenti schemi relativi alle concentrazioni da assumere quale riferimento.
Queste linee guida vertono principalmente sui COV ma prendono in considerazione anche altre sostanze di interesse. In ragione dei limiti di spazio, i valori guida ed i valori obiettivo sono riportati direttamente all’interno delle tabelle del caso di studio analizzato.

VALORI GUIDA

I limiti identificati su base tossicologica, detti valori guida si riferiscono a composti per i quali esistono evidenze circa gli effetti sulla salute e la relazione dose-effetto della sostanza in questione (inquinanti primari). Questi valori, pensati per garantire la tutela della salute nel lungo periodo, includono normalmente anche dei margini di sicurezza con lo scopo di offrire tutela anche per i gruppi di popolazione che possono presentare particolari sensibilità al rischio. Le linee guida stabiliscono due tipi di valori guida: RW II ed RW I (RW da richtwert).

La soglia RW II è l’unica delle due connessa con possibili effetti sulla salute e il superamento di questa segnala un potenziale pericolo per la salute degli esposti, soprattutto per eventuali soggetti con particolari sensibilità alla sostanza e che permangono nell’ambiente oggetto di valutazione per lunghi periodi.
Per questo motivo il raggiungimento o il superamento di questa soglia richiedono immediate azioni di riduzione. Si deve tenere conto che l’esistenza di una condizione di rischio per la salute, connessa con il superamento delle soglie RW II, è indicata sulla base di una continua utilizzazione dell’ambiente oggetto di valutazione da parte del personale (24 ore/giorno, 365 giorni/anno). In generale non è possibile derivare un valore limite, corretto in funzione dell’effettivo tempo di occupazione dei luoghi, perché una tale conversione è possibile solo quando sono perfettamente noti i meccanismi responsabili degli effetti sulla salute. Tuttavia, nel contesto della gestione del rischio, risultano opportune le considerazioni sugli effettivi tempi di utilizzo degli ambienti, in special modo nei casi in cui si tratti di ambienti utilizzati per un limitato e ben definito periodo di tempo, ogni giorno.
La soglia denominata RW I rappresenta una concentrazione per la quale non vi è evidenza di effetti sanitari, nemmeno nell’ipotesi di esposizioni di lungo periodo. I valori RW I sono individuati semplicemente considerando un fattore di riduzione dei corrispondenti RW II (tipicamente un fattore 10), oppure prendendo in considerazione il limite di soglia olfattiva, se rappresentata da un numero più basso.
Concentrazioni sopra la soglia RW I sono associate con esposizioni non ordinarie e indesiderabili per ragioni di salute e, per motivi precauzionali, può essere raccomandabile accertare i motivi del superamento, al fine di ricondurre la concentrazione a valori più bassi, specialmente nel caso che alcune persone riportino sensazioni di malessere, percezione di odori sgradevoli e/o irritanti. In questi casi, tuttavia, gli interventi sull’edificio o altri interventi diretti sulla fonte non sono quelli prioritari, tenuto conto che tali azioni potrebbero risultare sproporzionate. Si considera pertanto un’azione sufficiente quella di aumentare la ventilazione o incrementare/modificare le modalità di pulizia (ad esempio nel caso in cui il superamento concerna il particolato).

TVOC

Diversi esperimenti eseguiti già a partire dai primi anni ’80 e successivamente confermati, hanno dimostrato che l’esposizione a una miscela di COV può comportare inaspettati effetti sulla salute o sul comfort anche in caso di bassi livelli di esposizione. Sulla scorta di queste esperienze è stato suggerito il ricorso alla valutazione dei COV totali ed è stato introdotto l’indicatore TVOC. Sull’utilità di questo indicatore si dibatte ancora ma ad oggi non è stata trovata una migliore alternativa per questo tipo di valutazioni. Il ricorso a questo tipo di valutazione è comunque raccomandabile, ma deve essere utilizzata solo per delle valutazioni di screening, non potendovi attribuire valore tossicologico.
Seguono le raccomandazioni fornite dal comitato tedesco Ad-hoc AG (2007) sull’applicazione dell’indicatore TVOC. Il ricorso a queste raccomandazioni è possibile se è verificato il prerequisito che i limiti con valenza tossicologica (valori guida RW II ed RW I) sono rispettati.
Livello 1: TVOC inferiore a 0.3 mg/m3. Esposizione che non presenta alcuna conseguenza per la salute. Nessuna raccomandazione.
Livello 2: TVOC compreso tra 0.3 e 1 mg/m3. L’esposizione è tale da non presentare ancora conseguenze per la salute (ammesso che non vi sia il superamento di alcun valore guida). Una concentrazione in questo intervallo, suggerisce tuttavia che vi sono delle emissioni di COV che non risultano ben diluite dall’azione della ventilazione (per esempio emissioni derivanti dall’uso di solventi o prodotti per le pulizie). Risulta quindi raccomandabile incrementare la ventilazione di questi ambienti.
Livello 3: TVOC compreso tra 1 e 3 mg/m3. Concentrazioni in questo intervallo si devono considerare segnali di avvertimento di possibili e indesiderate immissioni di COV. Sono concentrazioni che possono essere giustificate in ambienti nuovi o rinnovati con nuove finiture o arredi, ma che non dovrebbero essere tollerate se non per periodi limitati di tempo (inferiori a 12 mesi). Se non già svolta, è necessario procedere con la valutazione delle sostanze per le quali sono note evidenze tossicologiche.
Livello 4: TVOC compreso tra 3 e 10 mg/m3. Situazione analoga al livello 3 ma con crescente livello di gravità. In questo caso, il tempo limite di utilizzazione di tali ambienti da parte di personale deve essere considerato pari a 1 mese. Nel tempo che occorre per condurre gli approfondimenti e le eventuali azioni di riduzione, è raccomandabile incrementare il tasso di rinnovo dell’aria, incrementando la ventilazione dei locali.
Livello 5: TVOC superiore a 10 mg/m3. Concentrazioni in questo intervallo devono essere considerate inaccettabili dal punto di vista della tutela della salute. L’utilizzo degli ambienti deve essere evitato. Per concentrazioni comprese entro 25 mg/m3 gli ambienti possono essere frequentati ma solo su base temporanea (meno di 1 ora al giorno) e con la condizione che sia incrementata la ventilazione degli stessi. Per concentrazioni di TVOC superiori a 25 mg/m3 non può più essere consentito l’uso dei locali.
Per la determinazione dell’indice TVOC si può fare riferimento a quanto riportato al titolo 3.2 Recommended proceduredel Report n. 19 (1997) della European Collaborative Action ‘Indoor Air Quality and Its Impact on Man’ dal titolo Total volatile organic compounds (TVOC) in indoor air quality investigations. La stessa pubblicazione, all’appendice 1, riporta l’elenco del numero minimo di composti da includere per la determinazione dell’indice TVOC.

CASO DI STUDIO

Si riporta di seguito una tabella riepilogativa relativa ad una campagna di monitoraggio della qualità dell’aria indoor all’interno di un grande palazzo uffici a Milano, compiuta all’inizio del 2018.
L’indagine è stata condotta su differenti piani dello stabile, caratterizzati prevalentemente dalla presenza di open space. La fornitura dell’aria primaria all’interno degli edifici avviene tramite UTA dedicate collocate in copertura (palazzi di 6 e 8 piani).
Come si può osservare, la concentrazione di benzene risulta superiore al valore obiettivo adottato, nella totalità degli ambienti valutati (così come risulta maggiore rispetto al livello rilevato in esterno). Relativamente all’indice TVOC, i valori calcolati ricadono in parte all’interno del livello 1 e in parte all’interno del livello 2 (valori sottolineati in tabella).
In ultima istanza, sotto il profilo delle polveri, le concentrazioni di particolato PM10 risultano superiori al valore limite per la metà degli ambienti sottoposti a valutazione (in grassetto in tabella).

BIBLIOGRAFIA

[1]  Istituto Superiore di Sanità (2015) La qualità dell’aria indoor: attuale situazione nazionale e comunitaria. L’esperienza del Gruppo di Studio Nazionale sull’Inquinamento Indoor (atti del workshop del 28 maggio 2014), Rapporti ISTISAN 15/4, Roma, Istituto Superiore di Sanità

[2]  Istituto Superiore di Sanità (2013) Problematiche relative all’inquinamento indoor: attuale situazione in Italia (atti del workshop del 25 giugno 2012), Rapporti ISTISAN 13/39, Roma, Istituto Superiore di Sanità

[3]  Istituto Superiore di Sanità (2013) Strategie di monitoraggio dei composti organici volatili (COV) in ambiente indoor, Rapporti ISTISAN 13/4, Roma, Istituto Superiore di Sanità

[4]  UNI EN 13779:2008 Ventilazione degli edifici non residenziali. Requisiti di prestazione per i sistemi di ventilazione e di climatizzazione

[5]  Commissione Europea, Direzione Generale per la Salute e la Sicurezza Alimentare, IAIAQ (2011) Promoting actions for healthy indoor air

[6]  WHO (2010) WHO guidelines for indoor air quality: selected polluants

[7]  Ministero della Sanità, Dipartimento della Prevenzione (2001) La tutela e la promozione della salute negli ambienti confinati

[8]  European Commission (1997) EUR 17675 – European Collaborative Action ‘Indoor Air Quality and Its Impact on Man’: Total volatile organic compounds (TVOC) in indoor air quality investigations

[9]  L. Mølhave (2003) Organic compound as indicator of air pollution, Indoor Air 2003; 13 (Suppl. 6):12-19

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A. Merlino, G. Gambino, G. Quadrio (2018) Valutazione della qualità dell’aria degli ambienti indoor. Un contributo nella direzione di un metodo condiviso, atti del 35° Congresso Nazionale di Igiene Industriale e Ambientale AIDII (Torino, 13 – 15 giugno 2018)

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