Valutazione del rischio da campi elettromagnetici mediante misurazioni (dBA, 2016)

Bologna, 21 ottobre 2016
dBAincontri 2016 – Campi elettromagnetici nei luoghi di lavoro. Legislazione, Valutazione, Tutela.

Abstract

Dopo più di un decennio di incertezze sulle modalità di valutazione dell’esposizione occupazionale ai campi elettromagnetici, oggi si delinea finalmente una procedura di valutazione condivisa e praticabile nell’ambito del’igiene industriale.

Con questo lavoro si intende richiamare le modalità di valutazione dell’esposizione mediante l’accertamento strumentale dei campi elettromagnetici.
La misurazione non è un passaggio obbligato e si rende necessaria solo allorquando non sia possibile affermare con certezza che l’esposizione al campo elettromagnetico è irrilevante per la salute dell’esposto.
Il lavoro richiama quanto si può considerare finalmente consolidato nell’ambito dell’accertamento tecnico dei livelli di esposizione ai campi elettromagnetici in ambito occupazionale ed è pertanto centrato sulle misurazioni di campo elettrico e di induzione magnetica in aria, mentre non prende in esame i calcoli perla valutazione delle grandezze dosimetriche. La dosimetria delle radiazioni non ionizzanti, intesa come metodica approcciabile dall’igienista, è infatti ancora ai suoi albori ed è stata trattata solo molto di recente nel contesto tecnico normativo dalle linee guida emesse dalla Commissione Europa all’inizio di quest’anno.

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IL PROCESSO DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO DA CAMPI ELETTROMAGNETICI MEDIANTE MISURAZIONI: QUALI STRUMENTAZIONI, QUALI PARAMETRI, QUALI METODOLOGIE

Gianluca Gambino, Alessandro Merlino, Gabriele Quadrio

CeSNIR, Villasanta (MB)

Indice

1 – INTRODUZIONE

Dopo più di un decennio di incertezze sulle modalità di valutazione dell’esposizione occupazionale ai campi elettromagnetici, oggi si delinea finalmente una procedura di valutazione condivisa e praticabile nell’ambito del’igiene industriale.

Con questo lavoro si intende richiamare le modalità di valutazione dell’esposizione mediante l’accertamento strumentale dei campi elettromagnetici.
La misurazione non è un passaggio obbligato e si rende necessaria solo allorquando non sia possibile affermare con certezza che l’esposizione al campo elettromagnetico è irrilevante per la salute dell’esposto.
Il lavoro richiama quanto si può considerare finalmente consolidato nell’ambito dell’accertamento tecnico dei livelli di esposizione ai campi elettromagnetici in ambito occupazionale ed è pertanto centrato sulle misurazioni di campo elettrico e di induzione magnetica in aria, mentre non prende in esame i calcoli perla valutazione delle grandezze dosimetriche. La dosimetria delle radiazioni non ionizzanti, intesa come metodica approcciabile dall’igienista, è infatti ancora ai suoi albori ed è stata trattata solo molto di recente nel contesto tecnico normativo dalle linee guida emesse dalla Commissione Europa all’inizio di quest’anno.

2 – I LIMITI

I livelli limite per l’esposizione umana ai campi elettromagnetici sono espressi in termini di grandezze valutate internamente al corpo umano, dette anche dosimetriche, in analogia con i limiti esistenti per l’esposizione a radiazioni ionizzanti, per quanto, solo per queste ultime via sia un vero e proprio assorbimento organico (nello specifico di energia) tale da rendere pertinente il ricorso al concetto di dose. Nel caso delle radiazioni non ionizzanti, invece, l’esposizione al campo si traduce in un assorbimento di energia da parte del corpo umano solo a partire da frequenze dell’ordine del megahertz, quando l’energia trasferita dal campo elettromagnetico al corpo è assorbita dal secondo con conseguente rialzo termico di questo. Alle frequenze più basse i meccanismi di interazione tra campo elettromagnetico e tessuti biologici comportano invece una sollecitazione dei tessuti per effetto di fenomeni di induzione elettromagnetica con la conseguente attivazione di correnti elettriche nello stesso.

Come detto nell’introduzione, la nostra attenzione è posta alla verifica di quelli che il legislatore europeo chiama livelli di azione, ovvero di quelli che nel contesto della ricerca scientifica sono chiamati livelli di riferimento1.

Com’è noto i livelli di azione sono definiti per il campo elettrico (E) e per l’induzione magnetica (B) intesi esternamente al corpo umano, in condizione imperturbata, ovvero in assenza del corpo esposto.

3 – SEGNALI A FREQUENZE MULTIPLE

Nella nostra esperienza comune sono ancora diversi i casi in cui si trovano, presso il datore di lavoro, delle relazioni tecniche in cui il risultato dell’accertamento è espresso tramite il confronto diretto tra il livello di campo elettrico e/o magnetico misurato per una determinata componente in frequenza e il corrispondente livello di azione. Questo modo di restituire il risultato conduce spesso ad un’errata valutazione del rischio, considerato che il campo elettromagnetico è raramente caratterizzato da un segnale monofrequenza. In questo paragrafo riprendiamo quindi il tema della valutazione dei campi contenenti segnali a frequenze diverse.

Figura 1: Stralcio delle tabelle con le quali la direttiva 2013/35 fornisce i livelli di azione per gli effetti non termici (in alto) e per quelli termici (in basso).

I livelli di azione definiti dal legislatore dipendono dalla frequenza e sono talvolta valori costanti per intervalli di questa e in altri casi variano con continuità risultando di questa una funzione (si veda figura 1).

Nel valutare il rispetto di questi livelli dovrà essere tenuta in considerazione l’esposizione a frequenze multiple e a questo scopo non sarà sufficiente valutare che il livello di ogni singola componente in frequenza rispetti il pertinente livello di azione, ma sarà necessario tenere conto dell’effetto combinato dei diversi contributi. Un effetto combinato si ha quando c’è contemporaneità di più componenti che agiscono sui tessuti biologici mediante il medesimo meccanismo di interazione: effetti di elettrostimolazione (dominanti sotto i 100 kHz, possibili sino a 10 MHz) o effetti di assorbimento di energia con rialzo termico (dominanti sopra i 10 MHz, possibili già a partire da 100 kHz); non c’è invece combinazione di effetti nei casi in cui ci sia contemporaneità di una componente sotto i 100 kHz e una sopra i 10 MHz. Ad esempio è intuitivo immaginare che se vi è un’esposizione a più contributi di frequenza superiore a 10 MHz, il riscaldamento dei tessuti interessati dall’azione del campo elettromagnetico superi quello procurato dall’esposizione ad ogni singola componente in frequenza e che pertanto il rispetto dei livelli di azione da parte di ognuna non possa garantire che il riscaldamento complessivo rientri entro i livelli di sicurezza. È meno intuitivo immaginare cosa accade per frequenze nel range degli effetti di elettrostimolazione dei tessuti, ma vale il medesimo principio: per garantire che l’esposizione rientri entro livelli di sicurezza non è sufficiente verificare che ogni componente rispetti singolarmente il pertinente livello di azione.
A questo scopo, già nelle linee guida ICNIRP del 1998 era stato chiarito che la valutazione dell’esposizione a campi multifrequenza è da compiersi mediante la valutazione di una somma pesata sui livelli limite2 dei livelli riscontrati per ogni componente in frequenza. A fronte della revisione 2010 delle linee guida per i campi di frequenza inferiore a 10 MHz, la somma pesata dei diversi contributi si esegue come illustrato nella tabella sotto.

Tabella 1: determinazione dell’effetto dell’esposizione a frequenze multiple

Per quanto questa procedura risalga alla pubblicazione delle prima linee guida ICNIRP del 1998 solo nel 2009, con la pubblicazione della norma CEI EN 50499, entra a tutti gli effetti nella normazione tecnica ed ancora oggi, come scrivevamo sopra, è talvolta trascurata con conseguente sottostima dell’effettiva esposizione.
Si può essere portati a pensare che questo tipo di esposizioni si abbia solo nel caso di emissione da sorgenti multiple e invece un segnale multifrequenza deve essere atteso da qualsiasi sorgente e deve essere considerato la normalità, in special modo da tutte le sorgenti la cui emissione è non controllata. A titolo di esempio, il trasformatore di una cabina elettrica produce un campo magnetico con frequenza fondamentale pari a 50 Hz, ma questa è accompagnata da uno spettro molto ricco di altre componenti, costituito dalle armoniche della frequenza fondamentale (multipli interi di questa). In figura 2 è pubblicato uno spettro esemplificativo del campo magnetico rilevato in una cabina elettrica di trasformazione MT/BT.

Figura 2. Spettro di frequenze tipicamente rilevabile in prossimità del trasformatore di una cabina elettrica di trasformazione.


Figura 3. Emissione di un elettrobisturi in una specifica modalità di esercizio.

È invece ragionevole ipotizzare emissioni a singola frequenza nei casi in cui il campo elettromagnetico è emesso in modo controllato dalla sorgente e non come effetto secondario del proprio funzionamento. Ad esempio nel caso di emettitori di radiofrequenza per le telecomunicazioni e una grande varietà di dispositivi impiegati nella sanità, nella fisioterapia e nei trattamenti estetici, che fanno uso di radiofrequenze per il riscaldamento dei tessuti e per i trattamenti antalgici.
Tuttavia anche in questi casi, se possibile, sarebbe bene verificare che non siano presenti componenti armoniche di intensità sufficiente a incrementare sensibilmente l’esposizione complessiva.
Alla figura 3 un altro esempio di emissione multifrequenza ed alla figura 4 un esempio di emissione monofrequenza.

Figura 4. Emissione di una saldatrice a induzione per lo stagno.

Preso atto che un’esposizione a frequenza multipla è da considerarsi normale e usuale, di fatto, i valori di campo elettrico e magnetico non risultano più interessanti in sé, perché la reale informazione sul livello di esposizione è restituita dagli indici di esposizione risultanti dalle somme pesate di cui alla tabella 1.

4 – SEGNALI TRANSIENTI

Acquisita l’importanza di non trascurare la natura multifrequenza della maggior parte dei segnali, esiste un altro aspetto che deve essere noto al valutatore affinché non incappi in ulteriori sottostime del livello di esposizione e riguarda i segnali transienti: singoli impulsi o treni di impulsi ma anche rampe all’interno di segnali oscillanti a bassa frequenza.

Il calcolo degli indici di esposizione illustrato al paragrafo precedente, presuppone che il segnale corrispondente al campo elettrico o magnetico sotto esame sia stato scomposto nelle diverse componenti in frequenza, operazione che pare imprescindibile nel momento in cui i limiti di legge risultano organizzati per bande di frequenze. Tuttavia la scomposizione in frequenza di un segnale reale, per la quale il segnale acquisito nel dominio del tempo è trasformato in un segnale nel dominio delle frequenze mediante l’algoritmo FFT (Fast Fourier Transform), può comportare, in alcuni casi, serie difficoltà di calcolo. Queste difficoltà sono tanto maggiori quanto più il segnale originale presenta componenti impulsive o, più in generale, transitori. Per questo tipo di segnali la trasformata di Fourier conduce verso distribuzioni di frequenze ricche di componenti ad alta frequenza, molto fitte, eventualmente tendenti al continuo (si ricordi che la trasformata di Fourier di un impulso “perfetto” – delta di Dirac – è rappresentata dalla funzione costante ovvero contenente qualsiasi componente in frequenza). In figura 5 sono forniti esempi di segnali contenti transienti che mal si prestano ad essere sottoposti alla trasformata di Fourier

Figura 5. Diagramma temporale di alcune emissioni pulsate o con forma d’onda complessa: magnetoterapia transcranica (in alto a sinistra), tecarterapia in modalità capacitiva (in alto a destra), saldatrice a elettrodo (in basso a sinistra), saldatrice GMAW (in basso a destra)

Il metodo adeguato a questi ultimi casi è quello detto del picco ponderato, introdotto dallo statement ICNIRP del 2003, ripreso nella revisione 2010 delle linee guida sui campi con frequenza sino a 10 MHz (ICNIRP, 2010) e infine richiamato dalla stessa direttiva 2013/35 che lo indica come unico metodo da utilizzarsi per la verifica del rispetto dei livelli di azione previsti per gli effetti di elettrostimolazione dei tessuti (effetti non termici, possibili a frequenze inferiori a 10 MHz).

Il metodo del picco ponderato ha, tra i suoi vantaggi, quello di poter essere implementato nel dominio del tempo, bypassando il calcolo della trasformata di Fourier del segnale, e questo costituisce uno dei principali punti di forza del metodo stesso. Per applicare il metodo del picco ponderato nel dominio del tempo, ciascuna componente cartesiana del campo deve essere fatta passare attraverso una catena di filtri con guadagno variabile in frequenza e proporzionale all’inverso dei limiti oggetto di verifica. ICNIRP lo ha elaborato per la verifica dei livelli di riferimento tra 1 Hz e 100 kHz, ovvero i livelli di azione inferiori della direttiva 2013/35; tuttavia il metodo può essere generalizzato anche ad altri sistemi di limiti. All’uscita di una siffatta catena si ottiene un indice (variabile nel tempo) che restituisce il rispetto delle prescrizioni normative se minore dell’unità.

Il processo può essere implementato sia per via analogica, cioè in hardware all’interno della sonda di misura, sia per via numerica, ovvero elaborando al computer le forme d’onda acquisite con una sonda a risposta piatta e successivamente campionate, ma questo secondo metodo, per questioni di praticità e validazione, è sostanzialmente utilizzabile solo per finalità di ricerca, mentre per le valutazioni pratiche di igiene industriale si ricorre a strumentazione che lo implementa a bordo.

Va infine detto che il metodo del picco ponderato risulta più che adeguato anche per l’analisi di segnali sinusoidali sostituendosi a quello della sommazione in frequenza pesata sui limiti; restituisce risultati anche più affidabili perché, a differenza del primo, non postula la coincidenza nel tempo dei picchi di tutti i singoli contributi spettrali, condizione che porta il metodo della sommazione in frequenza a sovrastimare l’esposizione (aspetto che abbiamo però deciso di non illustrare e per il quale rimandiamo alla bibliografia).

In generale, per il valutatore, è importante ricordare che la forma d’onda del segnale che si va a valutare incide in modo critico sull’entità degli effetti biologici che questa può procurare sul corpo dell’esposto.

Le componenti di campo magnetico sotto i 10 MHz e, ancor di più sotto i 100 kHz, sono infatti responsabili di effetti riconducibili al fenomeno dell’induzione elettromagnetica, il quale comporta l’insorgenza di campi elettrici e, conseguentemente, di correnti elettriche nel corpo umano esposto. L’entità del rischio è connessa alle correnti elettriche indotte, le quali dipendono però dalla rapidità con la quale il flusso magnetico varia entro ogni superficie delimitata da un circuito chiuso costituito da tessuti elettricamente stimolabili3. Dal legame tra l’entità del fenomeno indotto e la velocità con cui varia il campo magnetico inducente, discende l’importanza delle eventuali fasi transitorie del secondo.

I tre segnali rappresentati in figura 6, ad esempio, sono tutti segnali di pari ampiezza e stessa frequenza fondamentale (50 Hz, nello specifico, infatti tutti e tre hanno un periodo di 20 ms), ma con differenti effetti sui tessuti biologici di un eventuale corpo esposto, a causa delle diversa forma d’onda. Tali differenze, teoricamente interpretabili anche con un’analisi in frequenza, possono essere da questa mal quantificate per i limiti pratici dell’applicazione dell’algoritmo della FFT da parte della strumentazione di misura e si riescono invece a quantificare correttamente con un’analisi eseguita rimanendo nel dominio del tempo, tramite il metodo del picco ponderato.

Anche per il valutatore, chiarito il ruolo che ha la rapidità con cui il campo varia e non solo l’ampiezza da questo raggiunta, diventerà facilmente intuibile come, dei tre, quello con il più alto livello di rischio sia quello con la linea tratteggiata.

Figura 6. Diagramma temporale di tre segnali di periodo 20 ms e frequenza fondamentale 50 Hz. Il segnale con la linea continua è una sinusoide, gli altri due sono forme d’onda complesse e caratterizzate dalla presenza di rampe al loro interno. La linea tratteggiata rappresenta il segnale con il più alto livello di rischio.

5 – INDICI DI ESPOSIZIONE

Nei due precedenti paragrafi abbiamo visto che esiste più di un caso in cui si perviene alla determinazione dell’esposizione al campo elettromagnetico mediante il ricorso ad un indice numerico e non tramite il diretto confronto tra i valori di campo misurati e i limiti pertinenti. Questo approccio può essere utilizzato sempre con efficacia a patto di aver chiarito al proprio interlocutore, che tipicamente è rappresentato dal Servizio Prevenzione e Protezione aziendale, come devono essere letti i risultati.

Alle considerazioni espresse sinora si aggiunga che il medesimo livello di campo può essere considerato sicuro o pericoloso a seconda che l’esposizione sia valutata rispetto ai limiti occupazionali o rispetto a quelli non occupazionali, pratica necessaria anche nei luoghi di lavoro sia perché non tutte le esposizioni sono di tipo occupazionale, sia perché i limiti non occupazionali consentono di condurre una valutazione dei rischi specificatamente rivolta ai soggetti particolarmente sensibili al rischio.

L’utilizzo degli indici di esposizione consente di restituire i risultati dell’accertamento tecnico al SPP in modo organico ed eterogeneo. Gli indici di esposizione forniscono infatti direttamente l’informazione sul rapporto tra i livelli di esposizione dell’addetto e il complesso dei limiti applicabili alla sua specifica situazione espositiva, cosicché a seconda che tale numero sia inferiore, pari o superiore ad 1 (o in termini percentuali al 100%), si abbia l’immediata informazione se l’esposizione è inferiore, pari o superiore al complesso di limiti applicabili al caso in esame, qualunque questi siano, sia che si tratti di esposizione generica che occupazionale. Questa iniziativa consente di poter restituire l’esito quantitativo della valutazione dell’esposizione senza dover richiamare, caso per caso, quali fossero le grandezze fisiche che sono state misurate, quali i dispositivi di legge di riferimento, se vi fosse o meno un’esposizione simultanea a campi di frequenza diversa o a campi pulsati.

Gli indici saranno da calcolare in modo diverso a seconda dei casi e di questo si deve far carico il valutatore. Se la strumentazione lo consente, si può utilizzare sempre il metodo del picco ponderato altrimenti si può procedere calcolando autonomamente questi indici, come segue:

– rapporto tra il valore misurato4 e il corrispondente limite (valmis/limite) in caso di campi a singola frequenza, inferiore a 100 kHz;

– rapporto tra il quadrato del valore misurato5 e il corrispondente limite, anch’esso elevato a quadrato ( valmis2/limite2), in caso di campi a singola frequenza, superiore a 10 MHz;

– il maggiore dei due valori di cui sopra per campi a singola frequenza, compresa tra 100 kHz e 10 MHz;

– il risultato delle sommatorie di cui alla tabella 1 nel caso di esposizioni occupazionali o non occupazionali a campi multifrequenza (quando non applicabile una valutazione tramite metodo del picco ponderato).

Come detto, ogni qual volta è possibile, la via più breve ed affidabile è quella di restituire l’indice risultante della valutazione mediante metodo del picco ponderato nel dominio del tempo, eseguita con strumentazione adeguata, detta anche “shaped time domain”

Il Servizio di Prevenzione e Protezione e nello specifico il responsabile del servizio (RSPP), riceve l’informazione sull’entità dell’esposizione a mezzo di tale indice ed è immediatamente in grado di valutare il livello del rischio anche senza entrare  nel merito di come sia stata misurata l’esposizione, né di quale fosse il riferimento normativo da assumere come riferimento. IE = 1 indica comunque il raggiungimento dei livelli assunti come limite, IE < 1 il loro rispetto e IE > 1 il superamento di questi (con IE intendiamo Indice di Esposizione).

Chiarito al SPP che deve far riferimento solo all’entità di questo indice, la nostra personale scelta è quella di restituire comunque un quadro che comprenda anche qualche elemento relativo ai livelli di campo riscontrati e ai criteri su cui si è basata la singola valutazione e a questo fine proponiamo una scheda di cui si riporta un estratto di seguito (figura 7).

Figura 7. Esempio di restituzione del risultato di una misurazione dei livelli di esposizione.

6 – STRUMENTAZIONE DI MISURA

In merito alla strumentazione di misura, sdoganato e soprattutto affermato il metodo del picco ponderato nel dominio del tempo e considerata inoltre l’attuale disponibilità di strumenti in grado di implementarlo a bordo, per l’analisi di campi elettrici e magnetici sino alla frequenza di 100 kHz non vi è più motivo di procedere altrimenti. Inoltre, sulla base della nostra esperienza, segnaliamo che nel caso di campi con forma d’onda caratterizzata da importanti transitori è facile che una valutazione eseguita con il metodo standard (sommazione in frequenza) conduca ad una sottostima dell’esposizione e non il contrario, come atteso teoricamente.

Tabella 2. Riepilogo della strumentazione di misura meglio impiegabile per valutazioni di igiene industriale

Per frequenze superiori a 100 kHz, per le quali diventa quindi necessario valutare anche i possibili effetti termici, riteniamo consigliabile condurre misurazioni sia sulla parte elettrica che su quella magnetica sino alla frequenza di 30 MHz. Entro questa frequenza si trovano infatti la maggior parte delle sorgenti impiegate in campo industriale e medicale e inoltre questa rappresenta anche il limite entro il quale vi è ancora un’ampia disponibilità di strumenti di misura. Nel range di frequenza 100 kHz – 30 MHz si ha disponibilità di strumentazione a banda larga, quindi con una risposta piatta in frequenza in tutto il range di funzionamento, ma anche di strumentazione in grado di restituire l’analisi in frequenza dei campi elettrici e magnetici. La seconda sarebbe raccomandabile perché, anche in questo intervallo di frequenze, si possono avere contributi armonici che potrebbe essere importante non trascurare, tuttavia in taluni specifici casi deve essere valutata anche la velocità di risposta dello strumento poiché alcune sorgenti nel settore medicale ed estetico lavorano con emissioni brevi (nell’ordine del secondo).

Oltre i 30 MHz diventa particolarmente impegnativa la valutazione spettrale del campo elettromagnetico a meno di non ricorrere a strumentazione da telecomunicazionisti, costituita da analizzatori di spettro e differenti set di antenne, strumentazione che tuttavia per ingombro, pesantezza e costi mal si presta all’uso per una valutazione dell’esposizione dei lavoratori, ma alla quale sarà comunque necessario ricorrere in tutti quei casi per i quali dovesse risultare inadeguata quella in banda larga. A questo proposito si sottolinea che l’uso della strumentazione in banda larga è adatto per la determinazione dell’intensità di campi elettrici o magnetici monofrequenza di cui sia già nota la frequenza e dei quali sia pertanto noto il livello limite con il quale confrontarsi. Risulta invece del tutto inadeguata alla valutazione di campi multifrequenza, rispetto ai quali non è in grado di operare alcun tipo di sommazione e quindi nessun tipo di valutazione complessiva. Esistono sonde, dette “shaped”, in grado di valutare l’effetto complessivo di un campo multifrequenza pesando le diverse componenti sui limiti ad esse applicabili e restituendo di fatto il valore dell’indice di esposizione risultante dalla sommazione in frequenza (vedi tabella 1 più sopra).

In tabella 2 riepiloghiamo quale tipo di strumentazione riteniamo concretamente utilizzabile e consigliabile ai diversi scopi, per lo meno in ambito industriale e medicale.

7 – PROCEDURA DI VALUTAZIONE, SVILUPPI FUTURI

Nell’ambito della valutazione dei livelli di esposizione ad un agente fisico, l’elemento di maggior rilevanza al fine di ottenere risultati affidabili è la procedura di misura. Per quel che concerne i campi elettromagnetici il primo rilevante contributo in tale senso è arrivato di recente con la pubblicazione delle linee guida non vincolanti a cura della Commissione Europea. Raggiunto infatti l’obiettivo di definire quale dovesse essere la tecnica di misura dei campi di qualsiasi forma d’onda, ora il focus è da spostare sul numero e sulle posizioni dei punti di misura.

In ambito occupazionale l’esposizione degli addetti avviene infatti quasi sempre in campo vicino, reattivo; questo è sempre vero per le sorgenti di campo elettromagnetico alla frequenza di rete di 50 Hz, per gli usi industriali e medicali dei campi elettromagnetici nel range di frequenze 100 kHz – 3 MHz, ma anche per gli usi dei campi a 6, 13 e 27 MHz, considerato che l’addetto è normalmente al lavoro vicino al dispositivo che è sorgente del campo6. Potrebbero aversi delle esposizioni in condizione di campo lontano o perlomeno vicino ma radiativo, nel settore delle telecomunicazioni, ma normalmente queste si sommano a quelle in condizioni di campo vicino, anche reattivo.

La valutazione dell’esposizione in condizioni di campo vicino richiede innanzitutto di definire i punti di campionamento nella singola postazione di misura; infatti, in questa regione, a piccoli spostamenti della sonda corrispondono grandi variazioni del valore di campo misurato (elettrico o magnetico). A questo fine va ricordato che gli effetti di stimolazione elettrica che è fondamentale prevenire sono a carico del sistema nervoso e cardiaco, mentre nel caso degli effetti termici sono un target sensibile anche gli arti. Il primo passo per tentare di restituire una valutazione affidabile dell’esposizione è quindi quello di definire i punti di campionamento in corrispondenza della posizione dell’addetto.

Questo è proprio uno dei temi affrontati dalle linee guida non vincolanti a cura della Commissione Europea (si veda “Vol 1: guida pratica”, “APPENDICE D. Valutazione dell’esposizione”, paragrafo “D.2 Dimostrazione di conformità per l’esposizione non uniforme”).

Riteniamo che sia proprio da questo punto che debba ripartire la discussione comune.

8 – CONCLUSIONI

Con questo lavoro si è voluto tornare sugli aspetti legati alla misurazione dei campi elettromagnetici in ambito occupazionale e fare il punto sulle pratiche oramai affermatesi. Il lavoro è quasi esclusivamente dedicato alla determinazione degli indici di esposizione derivanti dai due principali metodi di analisi dei campi, quello della sommazione in frequenza e quello del picco ponderato nel dominio del tempo.

Abbiamo richiamato quali sono le motivazioni per cui l’uno o l’altro metodo devono essere utilizzati sempre e per le quali sia necessario rinunciare a restituire l’esito di una valutazione mediante il valore di campo riscontrato ad una specifica frequenza e sia invece opportuno abituarsi a valutare l’entità di un’esposizione tramite gli indici adimensionali di esposizione (IE).

C’è ancora molto da discutere e condividere riguardo la procedura dell’accertamento tecnico, ovvero la pianificazione della campagna di misure, la definizione del numero e delle posizioni di misura, l’opportunità di procedere con medie spaziali dei valori misurati, la modalità di correlare i valori misurati alle condizioni di esercizio delle sorgenti.

Riteniamo che la discussione debba riprendere da qui e che ad oggi si possa dire di aver raggiunto un importante approdo, arrivando a definire le modalità di misura e quindi i requisiti della strumentazione.

9 – BIBLIOGRAFIA

Andreuccetti D., Priori S., Zoppetti N. (2010). Esposizione della popolazione a sorgenti ELF con forma d’onda complessa: valutazione del campo magnetico e della densità di corrente indotta. TSRR, 2, 95-158.

CEI EN 50499 (2009) Procedura per la valutazione dell’esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici

Commissione Europea (2016). Guida non vincolante di buone prassi per l’attuazione della direttiva 2013/35/UE relativa ai ampi elettromagnetici

Coordinamento Tecnico per la Sicurezza delle Regioni e delle Province autonome (2014). Decreto Legislativo 81/2008, Titolo VIII, Capo I, II, III, IV e V sulla prevenzione e protezione dai rischi dovuti all’esposizione ad agenti fisici nei luoghi di lavoro. Indicazioni operative.

ICNIRP (1998). Guidelines for Limiting Exposure to Time-Varying Electric, Magnetic, and Electromagnetic Fields (up to 300 GHz). Health Physics, 74(4), 494-522.

ICNIRP (2003) Guidance on determining compliance of exposure to pulsed and complex non-sinusoidal waveforms below 100 kHz with ICNIRP guidelines. Health Physics, Vol.84, N.3, pp.383-387.

ICNIRP, I. C. (2010). Guidelines For Limiting Exposure To Time-Varying Electric And Magnetic Fields. Health Physics, 99(6), 818-836.

Direttiva 2013/35/UE del, del 26 giugno 2013, sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (ventesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) e che abroga la direttiva 2004/40/CE, Gazzetta ufficiale dell’Unione europea n. L 179 del 29/06/2013

Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni (c.d. Testo Unico sulla Sicurezza) Attuazione dell’articolo 1 della Legge 3 agosto 2007, n. 123 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, Gazzetta Ufficiale n. 101 del 30 aprile 2008 – Suppl. Ordinario n. 108

Gambino, A. Merlino, G. Quadrio (2014) Il ruolo della misurazione nella valutazione del rischio da esposizione a radiazioni non ionizzanti: campi elettromagnetici e radiazioni ottiche, atti del convegno dBA 2014 (Modena 17 settembre 2014); 7 – 23

Merlino, G. Quadrio (2012) Esposizione occupazionale a campi elettromagnetici, complessità degli accertamenti tecnici ed efficacia nella comunicazione del rischio, Atti del V Convegno Nazionale sugli Agenti Fisici (Novara 6-8 giugno 2012)

1 ICNIRP, ente che ha prodotto la letteratura a cui gli organi legislativi internazionali fanno riferimento, denomina i limiti dosimetrici come restrizioni di base e le corrispondenti soglie per il campo magnetico e quello elettrico, misurati in aria, come livelli di riferimento.
2 Con livello limite intendiamo quello applicabile allo specifico caso in esame. Può essere un limite occupazionale o non occupazionale e, nel primo caso, un livello inferiore di azione o superiore, oppure il livello di azione per gli arti.
3 La legge di Faraday sull’elettromagnetismo descrive il fenomeno dell’induzione elettromagnetica, che si verifica quando il flusso del campo magnetico attraverso la superficie delimitata da un circuito elettrico è variabile nel tempo.
4 In questo caso, trattandosi di effetti a soglia e limiti da verificare su base istantanea, con valmis si intende il massimo dei valori misurati all’interno del tempo di osservazione.
5 Alle alte frequenze il valore di esposizione è in realtà ottenuto come valore quadratico medio dei valori assunti dal campo su un qualsiasi intervallo di 6 minuti; è quindi a questo che ci si riferisce con valmis.
6 Usi industriali e medicali di campi elettromagnetici a queste frequenze comprendono ad esempio: la tempra e la fusione dei metalli a induzione, la saldatura delle plastiche, l’uso di radio ed elettro-bisturi, trattamenti medici ed estetici della cute.

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G. Gambino, A. Merlino, G. Quadrio (2016) II processo di valutazione del rischio da campi elettromagnetici mediante misurazioni: quali strumentazioni, quali metodologie, relazione a invito, atti del convegno dBA 2016 (Bologna, 21 ottobre 2016); 39 – 52

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